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LA "BOT"

 

L'acquedotto in cunicolo della "Bot", unico manufatto pubblico dell'epoca romana giunto quasi integro fino ai nostri giorni, è certamente il monumento meno conosciuto di Asolo.
Praticamente abbandonato dopo la distruzione del tratto terminale a seguito dei movimenti franosi del Monte Ricco e recuperato alla sua funzione originaria dalla Serenissima, viene citato nei vari documenti storici quasi esclusivamente per la sua funzione infrastrutturale.



Risale al 1835 il primo rilievo scientifico del manufatto a cura dell'ingegnere Monterumici per il suo ripristino e nello stesso anno viene riscoperto, nel corso dei lavori, lo sbocco a sud a monte delle Terme.
Nemmeno Pacifico Scomazzetto, attento studioso delle antichità asolane, autore della individuazione delle Terme Romane, vi dedica la dovuta considerazione malgrado l'acquedotto fosse un elemento fondamentale della funzionalità delle Terme stesse.
Solo nel 1918 l'architetto Léon Gurekian rileva ed analizza il manufatto sotto il profilo di documento storico e con la relazione della "Commissione per la protezione dei Monumenti e dei Paesaggi dell'Asolano" del 1922 ottiene, nel 1923, il vincolo del monumento.
Da quella data la "Bot" cade nuovamente nell'oblio; la "Cava" viene utilizzata come deposito, cantina e, nel corso dell'ultimo conflitto, come rifugio antiareo.
Nel 1987 Italo Riera, in seno all'Istituto di Archeologia dell'Università di Padova, inizia il rilievo e lo studio scientifico del monumento e, da allora, ne cura la conoscenza e la pubblicazione degli studi.
Per ovvi motivi non è possibile visitare il monumento se non per il tratto iniziale della "cava" superiore.
Il "Centro Documentazione della Bot" sopperirà a questa lacuna consentendo, oltre ad una visita virtuale, l'accesso ad una completa documentazione del monumento stesso.