TRADUCI IN

 

TRA ASSALTO E DIFESA

 

Il 26 aprile 1915 l'Italia si impegnò ad entrare in guerra a fianco della triplice intesa (Francia, Russia ed Inghilterra) contro la Germania e l'Austria, dichiarando quindi guerra all'Austria-Ungheria il 24 maggio 1915.
A capo dell'esercito italiano era il conte Luigi Cadorna. La sua condotta di guerra era contenuta nel tristemente famoso "libretto rosso" (dal colore della copertina) ovvero la circolare n.191 dei 25.2.1915 dal titolo "Attacco frontale e ammaestramento tattico". In 62 pagine il generale istruiva e comandava ai suoi ufficiali di condurre una guerra solo in proiezione offensiva: "Víncere è andare avanti..; per la vittoria i mezzi sono due: la superiorità del fuoco e l'irresistibile movimento in avanti..." e così via. L'eventualità che l'esercito dovesse anche difendersi o ritirarsi per un'eventuale esigenza tattica della battaglia non veniva presa in minima considerazione.
Le undici battaglie dei Carso (dal 23 giugno 1915 al 18 agosto 1917), un vero e proprio mattatoio per i nostri soldati, sono state la tragica conseguenza di questa strategia del Cadorna: sempre l'assalto a ondate successive, che portò il livello di perdite giornaliere nell'anno 1917 alla cifra di 2.150, contro le 1.670 dei 1916 e le 1.200 dei 1915. E questo per la conquista di pochi chilometri di terreno, qualche villaggio, qualche collina.
Fu questo disumano trattamento inferto alle truppe a causare lo sfondamento delle nostre linee a Caporetto. La ritirata dei nostro esercito iniziò il 24 ottobre 1917 e terminò, dopo 34 giorni, sul Grappa, il 26 novembre.
L'esercito degli imperi, spinto dall'entusiasmo della vittoria, lottò con accanimento e violenza pur di giungere all'agognata pianura. Il Pertica, il Coi Berretta, l'Asolone, il Valderoa, i Salaroli, il Coi dell'Orso, lo Spinoncia, il Tomba e il Monfenera furono le vette più contese e combattute. Quella che doveva essere una battaglia per ritardare l'avanzata nemica, per l'eroismo dei nostri soldati e la capacità dei comandanti si trasformò in " battaglia d'arresto " (novembre-dicembre 1917).

Il 9 novembre 1917, Cadorna fu sostituito dal generale Armando Diaz.
Sul Grappa il nostro esercito, liberatosi dagli schemi di combattimento carsico, attuò l'unica battaglia di difesa elastica che si svolse con compiutezza sul fronte italiano durante la prima guerra mondiale.
La difesa elastica era una strategia innovativa di combattimento che l'esercito francese aveva adottato dopo le spaventose battaglie di Verdun (settecentomila morti) e della Somme (un milione di morti), ma furono i tedeschi ad applicarla per primi dopo aver trovato i suoi scherni tattici in documenti abbandonati nelle trincee francesi. La strategia prevedeva di dividere la linea di difesa delle trincee in tre successivi livelli:
* al primo livello, le posizioni più avanzate: solo posti di osservazione occupati da pochi soldati;
* in profondità, la linea di resistenza, che costituiva la forza d'arresto da contrapporre all'assalto con le truppe riparate, protette dal fuoco dell'artiglieria e preparate a resistere in attesa dei contrattacco;
* ancora più in profondità, la linea di massima resistenza, con ricoveri protetti per riparare le truppe destinate a sferrare il contrattacco.
Nella cartina geografica possiamo notare le tre linee costituenti la "prima fase" della difesa elastica dei Grappa:
la linea continua indica le posizioni italiane il 13 novembre 1917; la linea tratteggiata indica le posizioni al 3 dicembre 1917;
la linea punteggiata le posizioni italiane al 31 dicembre 1917.

Il settore ovest dei Grappa, per quattro chilometri dal Canal di Brenta all'Asolone, rimaneva comunque il più esposto, in quanto gli austroungarici occupavano posizioni sovrastanti (Col Caprile, Col dei Vecchio, Monte Asolone), per cui nella seconda fase della battaglia d'arresto per difendersi fu necessario scavare tre ordini di trincee, la linea Alba, la linea Bianca e la linea Clelia, davanti alla linea di massima resistenza che andava da Coi dei Gallo al Monte Oro, al Monte Rivon.


La trincea di San Giovanni e di Coi dei Gallo erano quindi trincee di resistenza e di massima resistenza, la prima con tiro d'infilata al Monte Asolone e a Ponte San Lorenzo, la seconda di partenza al contrattacco. Le linee Alba, Bianca e Clelia si snodavano infatti a nord della chiesetta di San Giovanni.
La battaglia costò oltre ventimila uomini agli italiani, ma lo scopo era stato raggiunto: bloccare nuovamente gli eserciti degli imperi centrali nelle trincee.
Da Caporetto al Grappa: su questo massiccio il soldato italiano ritornò improvvisamente a combattere valorosamente difendendo con la vita ogni palmo di terra. Un conto era morire senza capirne la ragione per qualche dolina sul Carso, un'altro era combattere per difendere le proprie famiglie e le proprie case che ora si potevano vedere dagli orli dei Grappa.