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ITINERARIO CASTELFRANCO VENETO

 

La città di Castelfranco si sviluppa intorno al Castello, costruito alla fine del XII secolo come fortificazione posta sulla riva del Muson e nelle vicinanze degli antichi tracciati delle vie romane Aurelia e Postumia. Questa posizione aveva assunto una grande importanza strategica per il Libero Comune di Treviso, impegnato a difendersi dalle mire espansionistiche delle potenti e vicine Padova e Vicenza.

La poderosa struttura fortificata si imposta su un preesistente terrapieno, molto probabilmente un manufatto simile alle analoghe persistenze di epoca preromana presenti tra Castello di Godego e San Martino di Lupari, e ne segue la forma, costituendo un quadrato di circa 232 m. di lato. Il Castello presenta una pianta molto semplice e regolare, con quattro torri erette ai quattro angoli della cinta muraria. Le strutture in muratura formano una sorta di scheletro sul quale insistevano le bertesche, i ballatoi e le altre fortificazioni in legno, abbandonate e poi distrutte quando Castelfranco perse la sua valenza militare e difensiva.
All’interno l’abitato, riservato ai soldati, era suddiviso in quattro quartieri dall’intersecarsi delle due vie maggiori, il cardo ed il decumano, che si prolungavano oltrepassando le mura in corrispondenza delle quattro porte, diversamente fortificate secondo la loro importanza; ogni quartiere era attraversato da vicoli e viuzze che correvano lungo gli edifici, per lo più “canipe” in legno e mattoni destinate all’immagazzinamento dei prodotti agricoli: fra i pochissimi edifici in muratura originariamente costruiti all’interno della cinta muraria vi era la chiesa “di dentro” (così chiamata
in opposizione alla Pieve Nuova o chiesa “di fuori” che i costruttori del Castello avevano trovato già esistente nel vicino villaggio medievale), dedicata all’Assunta ed a S. Liberale. All’esterno, verso est, il suolo del terrapieno, coperto dalla fratta (una fitta siepe di spini), declinava nell’ampio fossato colmo d’acqua che circondava il Castello oltre al quale sorgeva la Bastita, ovvero uno sbarramento formato da abitazioni private: all’esterno della Bastita un breve terrapieno era circondato da un ampio terreno che portava fino ad un ulteriore fossato, detto anche Fossato della Cerchia. Nei secoli questa prima struttura viene notevolmente modificata: inizialmente potenziata perde, sotto il Dominio Veneziano, il suo ruolo difensivo; Castelfranco resta però un centro di grande importanza economica e commerciale ed assume un aspetto prospero e pacifico.
L’importanza del mercato di Castelfranco viene riconosciuta dalla Dominante, che ordina la costruzione del Pavejon, una loggia in muratura eretta sulla piazza del mercato per proteggere le granaglie nei giorni di pioggia (l’edificio, fu rifatto nel 1603); intorno alla piazza esterna alla cinta muraria, gli edifici della Bastita o Bastia medievale si rinnovano, assumendo forme più consone alle nuove attività ed al diffuso benessere: le facciate si aprono in ariose ed utili logge, elaborate finestre, graziosi balconi; gli spazi fra le aperture s’impreziosiscono di fregi ed affreschi, stemmi e decorazioni (palazzo Piacentini, palazzo Spinelli-Guidozzi e palazzo Bovolini-Soranzo).

All’interno delle mura ricchi palazzi in muratura hanno da tempo sostituito le canipe di legno: sono abitazioni private ma anche palazzi pubblici (Palazzo Pretorio, oggi Municipio), sedi di nuove istituzioni (il Monte di Pietà) o edifici riconvertiti a nuovo utilizzo (la Torre Civica, trasformata da semplice torre a simbolo della città e poi costantemente rielaborata fino agli inizi del XX secolo): questa è la Castelfranco che Giorgione conosce tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500 ed alla quale sembra alludere nei suoi paesaggi. L’evoluzione di Castelfranco da centro commerciale a cittadella della cultura è lenta e graduale e si attua definitivamente nel XVIII secolo, quando, per felice coincidenza, si trovano a convivere in città personalità di altissima levatura intellettuale, che danno vita ad una sorta di “scuola” autonoma ed originale: Jacopo Riccati ed i suoi figli Giordano e Francesco, Giovanni Rizzetti, Francesco Maria Preti esponenti della buona società castellana impegnati negli studi e nelle meditazioni filosofiche e matematiche ma non estranei all’amministrazione della “cosa pubblica” ed alla gestione delle più alte cariche cittadine.
A questi si affiancano artisti di fama (tra cui l’architetto Giorgio Massari), chiamati a Castelfranco per eseguire opere di recupero e di ristrutturazione.
Costoro, e in particolare F.M. Preti, progettano e realizzano numerosi interventi architettonici, arrivando talvolta a stravolgere l’antica struttura urbana (come nel caso del Duomo, edificato dal Preti demolendo la chiesa dell’Assunta e di San Liberale ed abbattendo un tratto di mura) ed imponendo a chiese e palazzi un’eleganza più austera, fatta non di colore ma di luce, misura e perfetta proporzione. Nascono così, dentro e fuori le mura castellane, nuove o rinnovate strutture dove la comunità si incontra e si esprime: il Duomo, gli Oratori del Cristo e delle Grazie, l’Ospedale e la Chiesa di San Giacomo con il Convento dei Serviti, la Chiesa della Pieve, il Teatro Accademico e i tanti palazzi privati che vengono coinvolti in una sorta di rinnovamento urbano, adeguandosi al nuovo stile che, in effetti, talvolta non viene attuato secondo il progetto originario, per successivi ripensamenti o per mancanza di fondi. A causa di questi interventi non conclusi si renderanno necessarie ulteriori ristrutturazioni, portate a termine assai più tardi. Datano al XIX secolo l’erezione della facciata del Duomo e del Teatro Accademico, la costruzione della sede municipale e del nuovo Monte di Pietà, essendo stato abbattuto quello già esistente, che si era venuto a trovare presso il nuovo Municipio. Sotto il Dominio asburgico molti erano stati gli interventi di sistemazione e di pavimentazione della rete viaria; con l’Unità d’Italia nuove iniziative, vere e proprie premesse all’attuale sviluppo, imporranno interventi di notevole portata, quali la nascita della linea ferroviaria Treviso-Vicenza nel 1877 e la conseguente creazione della Stazione, ampliata dopo l’apertura di nuove linee.

Nel frattempo, il quarto centenario della nascita di Giorgione (1878) sarà l’occasione per una importante ristrutturazione urbanistica che coinvolgerà l’area verde tra il fossato e la cinta muraria: per questo intervento si farà appello ad uno fra i più apprezzati architetti paesaggisti del tempo, Antonio Caregaro Negrin. Il Caregaro Negrin è chiamato a subentrare nel progetto a Giovanni Battista Meduna, come già era accaduto per la sistemazione del Parco della Villa Revedin-Bolasco: in questo caso, però, l’aspetto della villa e delle scuderie è da ascriversi interamente al Meduna mentre l’intervento del Caregaro Negrin si esprime in una “rivisitazione romantica” del parco medesimo. Nel parco viene inoltre realizzata la splendida Cavallerizza, su progetto di Marc Guignon e Francesco Bagnara: la struttura, estremamente originale, permette
di trovare degna collocazione alle numerose statue di Orazio Marinali che ornavano l’area, già parco della villa appartenuta ai Morosini, poi giardino all’italiana dei palazzi del Paradiso, appartenenti ai patrizi veneziani Carner.