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ITINERARIO CITTà MURATE

Bassano - Restano poche tracce delle dominazioni longobarda (568-774) e franca (774-888), mentre il successivo periodo è segnato dalla prima notizia (998) dell'esistenza della pieve di S. Maria, che assieme al castello, nominato per la prima volta nel 1150, costituì il primo nucleo di Bassano.
Ben presto Vicenza, consapevole dell'importanza strategica del nuovo insediamento, volle imporre la sua supremazia, facendo giurare ad un'assemblea di 800 bassanesi un patto di fedeltà e obbedienza (1175).
Nei decenni successivi la storia di Bassano si intrecciò con le vicende politiche e militari degli Ezzelini: il loro potere derivava dalla ricchezza fondiaria, incrementata dall'investitura delle "decime" avuta dal vescovo di Vicenza e dai proventi delle "mude", cioè dei dazi alle porte del borgo.
La Torre Grande ci guarda e ci protegge dal 1349, anzi da prima, giacché questa data non è riferita alla sua fondazione ma è collocata solo sul primo documento scritto che la cita.
Un altro simbolo urbano, il Ponte Vecchio, connota ovunque, per tutti, la città. Bassano, però, prima ancora che città d'acqua, è città di mura e di torri. Entrambi i manufatti, Torre Grande e Ponte Vecchio, esprimono una presa di possesso del territorio, il controllo dell'impetuosa acqua del Brenta appena scaturita dalla Valsugana, l'uno e l'altra la sorveglianza dall'ultimo rilievo prealpino sul primo nucleo abitato e sulla aperta pianura.
Dall'alto dei suoi quaranta metri la torre esprimeva già in epoca medievale un senso così forte della identità urbana da essere ben presto individuata come simbolo comunale. Non a caso, dunque, il più antico stemma cittadino, probabilmente tardo trecentesco, incastonato sulla facciata del Monte di Pietà, mostra una torre fra due leoni affrontati, la città orgogliosamente difesa dai suoi cittadini. Con il passare di tanti secoli, però, anche la torre finì per mostrare le sue debolezze.

Castelfranco - Castelfranco Veneto, borgo murato, “franco” da imposte per i suoi abitanti-difensori, donde la denominazione, è fondato, negli ultimi anni del sec. XII, dal Comune di Treviso, poco a nord del villaggio medievale della Pieve Nova (sito dell’attuale Borgo della Pieve), sulla sponda orientale del torrente Muson, confine naturale della Marca Trevigiana con le turbolente terre padovane e vicentine. Il ruolo strategico della nuova fortezza, forse installata sopra un preesistente rilevato a pianta quadrilatera, simile alle non lontane Motte di Castello di Godego, si conferma nella prossimità all’incrocio fra tracciati viari romani di primaria rilevanza (le vie Postumia ed Aurelia), ma particolarmente nella centralità rispetto ad un territorio popolato, fin dall’XI sec., da fortilizi signorili (Godego e Treville) e vescovili (Salvatronda, Riese e Resana). Un nugolo di pievi battesimali (Godego ne è il riferimento arcipretale) e di cappelle filiali, centri religiosi e, di fatto, anche civili d’una trentina di villaggi, copre, da secoli, il territorio circostante la fortezza, al momento della sua edificazione. Le terre a settentrione sono incise dall’erratico alveo del Muson, dal quale si conduce una roggia, il Musonello, ad alimentare i fossati del castello e la nascente economia dell’abitato (bastia vecchia) che, già nei primi anni del sec. XIII, si configura ad est delle mura, ove subito si appresta un ospizio per poveri e viandanti.
La fortezza, a pianta quadrilatera, con lati di circa 232 metri, fu munita di quattro torri angolari e da un alto torrione merlato, eretto sul punto mediano della cortina muraria sul lato verso Treviso.
Una sesta torre (l’odierno campanile del Duomo) venne aggiunta da Ezzelino III da Romano, dopo il 1246, a metà delle mura sul versante di meridione.
Strumento militare del Comune di Treviso sino al 1242, nelle guerre contro i Padovani (assedio del 1215) ed Ezzelino III da Romano (dal 1229), il castello passa a quest’ultimo nel 1246. Ezzelino fortifica ulteriormente la cinta murata con due gironi over torrioni, ma ne perderà il possesso alla morte, nel 1259, a beneficio di Treviso. Nel 1329 Castelfranco cade nelle mani di Cane della Scala, per restare in possesso scaligero sino all’inizio della prima dominazione veneziana (24 gennaio 1339). Il 20 dicembre 1380 un nuovo signore si affaccia sulla scena: il padovano Francesco da Carrara. A cura di G. Cecchetto

Cittadella - La cerchia murata che circonda Cittadella (1220 d.C) ha forma di ellisse irregolare e con l'abitato costituisce un complesso organico del più alto interesse storico, non solo per gli studi sui castelli ma anche per quelli di urbanistica. Lo spazio interno che le mura delimitano è ordinato da due traverse che raccordano le quattro porte con il centro, dividendo l'abitato in quartieri, a loro volta suddivisi a scacchiera dalle caratteristiche stradelle.
La cortina murata comunica con l'esterno attraverso quattro ponti in corrispondenza delle porte (a loro volta costruite sui quattro punti cardinali), rivolte verso le vicine città di Padova, Vicenza, Bassano del Grappa e Treviso (di qui la denominazione Porta Padovana, Porta Vicentina, Porta Bassanese, Porta Trevisana). I ponti levatoi, mantenuti in servizio fino al secolo XVI, gradualmente vennero sostituiti con altri in muratura. Gli attuali risalgono alla prima metà del secolo scorso.

Marostica - A Marostica, ad est del Pausolino, sulla cui sommità si staglia in tutta la sua imponenza lo scaligero Castello Superiore, tuttora dominante la città, sorge il colle Pauso detto anche Monte della Croce o della Pace.
Ivi sorgeva un antico fortilizio romano come è testimoniato da vestigia di pietra ancora visibili.
Altre fortificazioni, per lo più torri di guardia, sorsero ai piedi e sulla sommità del Pausolino e, con ogni probabilità, sulla cima dell'Agù che, aguzzo, come dice il nome stesso, si eleva a occidente del Pausolino.I Romani concepirono queste opere di fortificazione con l'evidente scopo di controllare politicamente e militarmente sia la pianura sia le vie che portavano all'Altopiano dei Sette Comuni.
Un'ampia opera di « centuriazione » assicurò la coltura di fertili terre e nel contempo il consolidamento della egemonia romana del territorio.
A perenne suggello della romanità di Marostica rimangono alcune vetuste lapidi: una reca il nome di una tal Martina, giunta appositamente dalla Gallia per piangere la morte del « dolcissimo suo marito ».
Un'altra, visibile ora nel loggiato del Castello Inferiore, è una aretta votiva dedicata a Diana, dea della caccia, e reca la seguente iscrizione « Grania Bacchis Deanae Do De » (Grania - di Bacco sacerdotessa a Diana - in dono diede).

Asolo - Dopo aver occupato Bassano, alla fine del 1318, Can Grande della Scala tentò di prendere, senza successo, il territorio trevigiano, in aiuto del quale venne chiesta e ottenuta nel 1319 la protezione del re Federico d'Austria. Nel contesto di questa campagna militare, il comune di Treviso sentì la necessità di ripristinare e ristrutturare le fortificazioni ezzeliniane costituite da torri in muratura, collegate tra di loro da strutture murarie a secco, fosse, palizzate, cespugli di rovi e piante spinose, volti a rendere difficile il passaggio (spinade). Infatti il 21 gennaio 1318 Treviso approva i lavori di rafforzamento necessari proposti dagli Asolani, tramite Bausella da Cusignana, ufficiale del comune di Treviso preposto alla custodia di Asolo, per comune et homines di quella terra.
Il progetto di ristrutturazione segnalava la necessità di riedificare tutti i bitilfredos ubicati intorno al borgo e alla terra di Asolo; di sostituire il fossato posto iuxta portam et bitilfredum Sancti Gervasii con muro de sicho, dalla porta sino alla Val Cagnana, e di costruire uno spalto a difesa del muro; di ampliare il fossato antico di pianura (fossatum de la Frata), che aveva la funzione di difendere Villa d'Asolo; si chiedeva ai possessori dei poderi cintati con siepe (clausure), distribuiti intorno al borgo e alla terra di Asolo, di fare la ramata, ossia di rinforzare le siepi con rami; alle porte e agli ingressi del borgo e della terra di Asolo si indicavano ulteriori forme di difesa, come pure presso la Rocca di Braida. Si faceva inoltre presente che era necessario stroncare la pessima abitudine delle milizie locali di abbandonare il servizio di guardia alle fortificazioni per recarsi a difendere le proprie case, come del resto accadeva in tutte le città medievali quando veniva suonato l'allarme.
I lavori alle fortificazioni avevano fatto di Asolo il castello più importante della zona, mettendo in secondo piano quelli di Romano e Cornuda, pure sedi di capitaniato, ma che l'anno successivo avrebbero poi ceduto alle armi di Can Grande della Scala.
Nello stesso tempo andò maturando la necessità di diversificare l'uso della Rocca di Braida rispetto al Castello di Asolo. I lavori di fortificazione compiuti evidenziarono la funzionalità centrale del Castello, collaudata appunto durante i momenti più critici: dentro il circuito fortificato era possibile fare la «mostra» o rassegna delle truppe, raccogliere la popolazione, i viveri e le munizioni in caso di pericolo.