CITTADELLA
Torre di Malta e Museo Archeologico Così si chiama la poderosa
costruzione addossata all'interno della Porta Padovana. Fu costruita nel
1251 per ordine di Ezzelino da Romano il quale ne fece orrida prigione
per i suoi nemici. I cronisti del tempo descrissero a tinte fosche i
fatti che la resero celebre. Si racconta che i prigionieri venissero
inviati al castello con i piedi legati sotto il ventre dei cavalli e,
quivi giunti, calati nel sotterraneo della torre e lasciati morire di
fame, tra crudeli tormenti. Nel 1256, quando Ezzelino fu cacciato da
Padova, i cittadellesi aprirono le porte a
Tiso di Camposampiero che liberò alcune centinaia di prigionieri, fra i
quali anche donne, ridotti in miserabile stato; i partigiani di
Ezzelino, invece, sospinti in un cortile, furono massacrati. Sul muro
della Torre sono state apposte due lapidi che portano inciso un brano
della "Cronica" di Rolandino, e i versi di Dante il quale
avalla, con la sua autorità di poeta, il tragico racconto. La Torre di
Malta è stata oggetto di appassionate ricerche storiche da parte di
studiosi cittadellesi e da esse risulta evidente che è proprio la Malta
cittadellese ad essere nominata dal divino Poeta. Da qualche anno
l'ampia sala conferenze ricavata al piano terra è sede di convegni e
tavole rotonde, mentre i piani superiori sono riservati al Museo
Archeologico, aperto al pubblico nei giorni di sabato e domenica dalle
15 alle 18. Per visita in altre giornate o per informazioni è attivo il
seguente numero telefonico: 340-3450558.
Museo del Duomo Dopo anni di ricerche e di lavoro da
parte di generosi e appassionati volontari; dopo una capillare campagna
di catalogazione intrapresa dalla Soprintendenza; dopo i compiuti
restauri finanziati dalla Parrocchia e da numerosi sponsor privati, il
Duomo di Cittadella presenta ora, al proprio interno, un museo di arte
sacra davvero imponente, che raggruppa tutte le opere collocate nel
duomo nelle diverse epoche della sua storia.
Attraverso la guida della casa editrice Biblos dal titolo "Il duomo
di Cittadella, itinerario storico-artistico", disponibile negli
uffici della Pro Cittadella, il visitatore interessato potrà ammirare,
all’interno della chiesa, in sagresia, in alcune sale e nella torre
campanaria: affreschi, pale d’altare, dipinti, sculture, tabernacoli e
paramenti completi per l’uso liturgico in pregevole manifattura
d’oro e d’argento.
Cerchia
murata L'ancora intatta cortina delle mura misura 1461 m. di
perimetro, con diametri di circa 450 m.; le quattro porte corispondono
all'incirca ai 4 punti cardinali. I corpi emergenti, oltre ai 4
torrioni, sono 12 torri e 16 torresini di varia altezza; fra tutti si
sviluppano 32 cortine con 10 merli guelfi e un'altezza del cammino di
ronda di 12 m. circa dal piano di campagna. Lo spessore medio delle mura
è di m. 2.10 Costruite senza fondazioni, sono sostenute da terrapieni
ricavati col materiale delle fosse.
Porta
Padovana La Porta Padovana costituiva l'ingresso principale della
città e una iscrizione, ora raschiata, dava il benvenuto agli ospiti.
Dall'interno della Porta Padovana si può accedere ai giardini pubblici
e attraverso di essi si può uscire per la Porta Vicentina.
Chiesa di Santa Maria del Torresino Prende il nome dalla Torre
cui la chiesa è addossata nei pressi della Porta Padovana. E'
tradizione che essa sia stata costruita contemporaneamente al castello,
per gli uomini d'arme. In scavi recenti sono state scoperte fondazioni
di un edificio precedente, forse quello delle origini. Le tele
sugli altari sono di modesto livello artistico, interessanti però la
storia locale. La vasca in pietra nella navata proviene dalla località
Colombara di Cittadella; si ritiene fosse il fonte battesimale della
medioevale chiesa di San Nicolò di Mejaniga, che si trovava nei pressi.
Nel 1968 la Chiesa del Torresino, dopo un periodo di abbandono, è stata
restaurata e riaperta al culto in memoria dei Caduti per la Patria. Nel
corso del 1997 è stata ulteriormente valorizzata ed ora si svolgono,
nella navata centrale, importanti rassegne d'arti e viene realizzata una
rassegna di concerti primaverile ed una autunnale.
Porta
Vicentina Uno dei punti di accesso al "cammino di ronda"
sulle mura medievali parte proprio da Porta Vicenza, sulla quale sono in
fase di esecuzione i lavori di installazione di un ascensore e di una
scala. Il visitatore potrà passeggiare da Porta Vicenza fino alla Torre
di Malta situata a ridosso di Porta Padova, comprendendo in tal modo in
maniera ancor più completa i caratteri difensivi originari e funzionali
delle mura medievali. Il secondo punto di accesso è previsto dalla
Torre Campanaria della Chiesa di Santa Maria del Torresino; il terzo è
stato realizzato nella Torre di Malta, sopra la cui copertura è in fase
di realizzazione il "Belvedere", destinato ad impreziosire
ancor più la storica Torre, con la possibilità di godere di una
straordinaria vista sulla città e sul territorio circostante.
Porta
Bassanese Era difesa con 5 ordini di arcate chiuse da saracinesche,
due ponti levatoi e un fossato in comunicazione con quello che circonda
le mura. Il Torrione addossato alla Porta Bassanese è stato reso
agibile, recentemente, per mezzo di una scala interna che sale alla
sommità da dove si gode un magnifico panorama.
Palazzo Pretorio Recentemente ristrutturato ed adibito a sede
decentrata degli uffici comunali (ospita l'Ufficio Tecnico, l'Ufficio
Commercio, l'Ufficio Cultura, i Servizi Demografici), rappresentava il
potere dello Stato di Padova prima e di Venezia poi. All'interno si
possono ammirare affreschi pregevoli scoperti da poco, mentre
all'esterno notevole è il portale in marmo rosato che si fa risalire al
1500, con i due medaglioni che portano l'effigie di Pandolfo Malatesta.
Dal mese di settembre 1998 è sede di mostre di carattere nazionale.
Duomo e Pinacoteca Il Duomo e le sue adiacenze, con le opere
d'arte, costituiscono un complesso di notevole interesse costruito fra
il 1774 e il 1826, opera di tre eminenti architetti: Domenico Cerato
autore, tra l'altro della Specola e del Prato della Valle di Padova, al
quale si attribuisce la pianta dell'edificio; Ottavio Bertotti Scamozzi
(1726-1790), vicentino, che diede al tempio l'impronta neoclassica che
lo caratterizza e Carlo Barera, vicentino, che portò l'opera a
compimento. La facciata è stata completata nel 1913. I bassorilievi e
le statue sono opera di artigianato. Nell'ampia navata si allineano 6
altari su 4 dei quali vi sono opere di Leandro Bassano, Lattanzio
Quarena,
Sebastiano Santi e Michele Fanoli, cittadellese. Nella Sagrestia, da
notare, "La Cena in Emmaus" di Jacopo da Ponte (1510-1592), un
tempo sull'altare maggiore dell'antica parrocchiale: "La
Deposizione", tavola attribuita a Lazzaro Bastiani (1430-1512),
veneziano, che si muoveva nella cerchia di Gentile Bellini; "La
Flagellazione", tela attribuita a Palma il Giovane (1540-1628);
"L'adorazione dei Magi" di scuola veneta, attribuita al secolo
XVII, e "La Crocifissione", grande tela settecentesca. E'
altresì stato realizzato un Museo di Arte Religiosa già funzionante
con visite guidate.
Palazzo del Municipio Nominato nei documenti fin dal secolo XV
come il Palazzo della Loggia, per lo spazio che si apriva al
pianterreno, l'edificio è stato ristrutturato secondo il modulo
neoclassico nel 1816 dall'architetto Carlo Barera, vicentino. Fra gli
elementi conservati dell'edificio precedente è da notare il fregio con
parte degli stemmi dei podestà veneti ed il bassorilievo
quattrocentesco del Leone di San Marco, nascosto dai cittadellesi in
epoca napoleonica e rinvenuto da poco nello spessore di un muro dello
stesso palazzo. Un altro Leone di San Marco, anch'esso nascosto nella
medesima congiuntura, è stato posto sopra la colonna situata in
Piazzetta del Duomo.
Teatro Sociale Nel 1817 un gruppo di facoltosi cittadellesi
costituì una Società per il Teatro, prendendo spunto da una analoga
associazione di musica filarmonica attiva sin dal 1804. La Società
aveva però bisogno di un teatro. Ne venne quindi affidata la
progettazione al bassanese Giacomo Bauto, già autore di quello della
sua città e inaugurato nel 1811. L'opera venne portata a termine dal
vicentino Francesco Cibele. L'edificio, la cui limpida facciata
neoclassica, incompiuta, è attribuita a Giuseppe Iapelli (progettista
anche del "Pedrocchi" di Padova) risulta strutturato nei
moduli teatrali ottocenteschi: un atrio con botteghe del caffè e frutta
ai lati, una sala semicircolare con un palcoscenico (ingrandito nel
1836) ed il golfo mistico, tre ordini di logge o palchetti (assegnati in
proprietà ai soci sottoscrittori della Società), una sala da fumo o
"ridotto" da utilizzare nelle pause degli spettacoli o per le
riunioni dei soci. Le ancor splendide decorazioni "a fresco"
furono realizzate da Francesco Bagnara, scenografo e pittore vicentino,
che avrebbe dipinto anche il Gran Teatro "La Fenice" di
Venezia. L'inaugurazione avvenne con la fiera di ottobre del 1828 e dal
1831 le stagioni si susseguirono regolarmente almeno fino alla prima
guerra mondiale, quando Cittadella divenne luogo di retrovia del fronte.
Questa prima fase del Teatro può essere definita la più intensa perchè
furono ospitati spettacoli tra i più vari: dalla musica lirica alle
commedie e tragedie, dai concerti bandistici alle prime prove del
cinematografo "Lumière". Con il dopoguerra ebbe avvio la
progressiva decadenza del Teatro e i pochi eredi dei soci fondatori si
decisero a cederlo nel 1934 al Comune (la cessione sarà perfezionata
nel 1950). Nel 1970 il Teatro Sociale riprese appieno la sua attività,
diventando anno dopo anno insostituibile simbolo della cultura
cittadellese.
Pieve
di San Donato Ad un chilometro e mezzo dalla cerchia murata, sulla
Statale che conduce a Padova, si trova l'antichissima Chiesa di San
Donato. Sorta con tutta probabilità su un sacello pagano, fu la prima
Pieve cristiana nel territorio già dal VI secolo. Attorno al essa,
nell'alto medioevo, si accentrò la vita religiosa e sociale della
popolazione locale, ne fanno testimonianza i reperti di epoca longobarda
disposti sulla parete interna dell'edificio e i quattro successivi
rifacimenti.
Convento di San Francesco Il Convento dei Padri Francescani fu
costruito intorno al 1481 ed è sempre stato un centro spirituale molto
attivo a Cittadella. Dopo la soppressione napoleonica del 1806, fu
trasformato in caserma; nel 1947 fu restituito ai Padri Francescani e la
chiesa, ad una navata, è stata restaurata di recente ed ha riacquistato
il suo suggestivo stile francescano. Il convento si accentra nel
bellissimo chiostro ed ha ambienti interni con soffitti a vela molto
interessanti. Nell'entrata, un affresco rappresenta la Vergine con il
Bambino tra Sant'Antonio di Padova e San Francesco, è attribuito a
pittore vicentino dagli influssi perugineschi che lo dipinse agli inizi
del 1500.
Chiesetta di Santa Lucia di Brenta S
anta
Lucia di Brenta è la chiesa di un solitario monastero benedettino il
quale stava, ancor prima del secolo XII, presso le rive del Brenta. La
chiesa, dopo secoli di servizio, devastata e quasi abbandonata durante
il 1300, riappariva nel secolo XVI tutta preziosamente affrescata da
Iacopo da Ponte, inserita nel villaggio che l'operosità dei monaci
aveva suscitato. Risulta che nel 1867 la chiesetta fosse ancora in
funzione; dopo di tale data scompare di essa rapidamente perfino anche
il nome. Dopo l'ultima guerra, per caso la Chiesa viene rintracciata da
Giuseppe Cappello, ispettore onorario ai monumenti, sulla guida di un
libriccino di conti: dell'edificio religioso poco rimaneva, poiché era
stato tramutato in una povera casa colonica identificata come quella
"delle Statue", dove abitazione, stalla, cantina e ripostiglio
si susseguivano in un fabbricato che non misurava più di quindici metri
di lunghezza.
CASTELFRANCO
VENETO
Castelfranco
Veneto è città d’arte e di cultura da secoli, grazie ai tesori
architettonici ed artistici che custodisce. All’interno della cinta
murata, il più celebre di essi è sicuramente la Pala del Duomo,
dipinta da Giorgione (1477/1478-1510) intorno al 1504 e raffigurante la
Madonna con Bambino,
San Francesco e San Liberale. Di notevole interesse è lo stesso Duomo,
dedicato alla Vergine Assunta e a S. Liberale, patrono di Castelfranco
Veneto. Il tempio fu costruito tra il 1724 e il 1746, su progetto
dell’architetto Francesco Maria Preti (1701-1774), cittadino illustre
della città murata. Nella Sacrestia del Duomo si possono ammirare
numerose opere d’arte: affreschi di Paolo Veronese, dipinti di Ja
copo
Bassano, Paolo Piazza, Pietro Damini ed altri pittori di scuola veneta
dei secoli XVI, XVII e XVIII.
Sul fianco orientale del Duomo è situata la Casa Marta-Pellizzari,
detta “di Giorgione”, la cui denominazione si deve ad una doppia
fascia in affresco (il cosiddetto “Fregio delle Arti liberali e
meccaniche”) attribuito al grande pittore di Castelfranco. Sul lato
opposto, sorge il Monte di Pietà, edificato all’inizio
dell’Ottocento e sede della Biblioteca Comunale, al cui interno sono
esposti dipinti antichi della Collezione museale civica. Nei pressi del
Municipio, è visitabile il Teatro Accademico, progettato da Francesco
Maria Preti nel 1745, costruito tra il 1754 e il 1780 (facciata ed atrio
aggiunti nel 1853-1858), e centro della vita culturale cittadina (vi si
tengono mostre, convegni, concerti, spettacoli). All’esterno delle
mura, nel Borgo di Treviso, Castelfranco offre ai visitatori uno dei più
suggestivi parchi romantici all’inglese dell’Italia intera. Si
tratta del parco Revedin-Bolasco, annesso all’omonima villa, esteso su
80 mila metri quadrati ed impreziosito da specchi d’acqua,
architetture moresche e da un’arena-cavallerizza circondata da antiche
statue.
(A cura di G. Cecchetto)
PALAZZO PRETI Secondo alcune testimonianze manoscritte risalenti al
XVI secolo, l’iniziativa di fondare a Castelfranco Veneto un ospedale
dove poveri e malati potessero trovare soccorso ed assistenza si deve ad
uno dei primi residenti del castello, Misio da Riese. La costruzione
dell’Ospedale
di San Giacomo si colloca agli inizi del XIII secolo: un secolo più
tardi la gestione di quest’opera assistenziale è affidata alla
Confraternita dei Battuti, che era stata a quei tempi appena istituita
in città; la Confraternita pone la propria sede in un edificio sorgente
nei pressi dell’Ospedale e si incarica di sovvenire a tutti i bisogni
materiali degli assistiti tramite personale appositamente delegato e
traendo i fondi necessari al buon andamento dell’opera dalle rendite
del patrimonio immobiliare dell’Ospedale medesimo, rese nei secoli
cospicue grazie a lasciti e donazioni.
Il Comune di Castelfranco si incarica della scelta (e remunerazione) dei
medici che prestano l’assistenza sanitaria; la cura delle anime viene
affidata in un primo tempo ai Servi di Maria, giunti a Castelfranco nel
1390 ed ospitati nel convento eretto accanto alla chiesa ed agli edifici
dell’Ospedale, e poi ai Cappuccini, che si stabiliscono in un convento
posto lungo l’Avenale restandovi fino alla soppressione della comunità
avvenuta, a seguito delle leggi emanate dalla Serenissima contro la
manomorta ecclesiastica, nel 1769.
Nel 1760 il lamentevole stato nel quale si trovavano gli edifici
dell’Ospedale determinò che il Consiglio dell’opera pia ne
decretasse il restauro o la ricostruzione, affidando all’architetto
Francesco Maria Preti, già Sindaco dell’istituzione, l’incarico di
studiare la situazione e predisporre
un progetto. Il progetto fu preparato e si diede inizio ai lavori: il
Preti aveva immaginato una maestosa ed elegante struttura che si
estendeva lungo l’attuale via Riccati, giungendo fino al ponte sull’Avenale.
Un corpo centrale, abbellito in facciata da archi di trionfo scanditi da
due ordini
di semicolonne doriche e ioniche, veniva prolungato a destra ed a
sinistra da due basse ali laterali che terminavano poi in due edifici
concepiti come repliche, su scala minore, del nucleo centrale.
Tra il 1761 ed il 1769 venne realizzata una parte dell’intera
struttura, ovvero il primo dei due “palazzetti” che si sarebbe
incontrato provenendo dalla Chiesa di San Giacomo. Questo, però, fu il
solo ad essere effettivamente costruito. Infatti, essendo stata
soppressa la comunità dei Cappuccini di Castelfranco, il Consiglio
dell’Ospedale chiese ed ottenne di poter trasferire nell’antico
convento, adeguatamente ristrutturato dall’architetto Preti,
l’intero Ospedale
di San Giacomo Apostolo. Rimase così il Palazzetto, intitolato
all’architetto castellano che l’aveva genialmente concepito ed
abilmente realizzato: l’edificio, bugnato, è scandito da due ordini
di lesene, doriche e ioniche, separati da una evidentissima cornice
marcapiano; fra le lesene si aprono
le finestre, che riprendono, con modifiche e rielaborazioni, la
struttura della classica “serliana”. Il Palazzetto Preti, oggetto di
un recente e ben condotto restauro, è ora nuovamente aperto al
pubblico.
GIORGIONE ..
.
di lui così scrisse il Vasari, “Giorgio dalle fattezze della persona
e dalla grandezza dell’ anima (fu) poi col tempo chiamato Giorgione...Fu
allevato in Vinegia et dilettossi continovamente delle cose d’amore,
et piacquaegli il suono del liuto mirabilmente”. Una morbida luce
avvolge tutti gli elementi del celebre dipinto e una gran calma domina
su tutto. Il verde della campagna, il rosso dei mattoni, le dolci
colline, sono stati fermati dall’artista con suggestione altissiama.
Le figure e il paesaggio partecipano di una felice fusione, di un
concerto che investe anche gli elementi della natura stessa e il senso
della rappresentazione: forse i luoghi dove era caduto combattendo il
giovane Matteo Costanzo che il genitore affrancato intese onorare
facendo eseguire nel 1504 la Pala del genio castellano. Qui tutto è
disposto con una sorta di riserva e i colori colgono i valori
dell’atmosfera nelle sue sottili vibrazioni, nei dintorni naturali e
attraenti della natura.
LA PALA del Giorgione Le vicende della Pala seguirono quelle del
tempo: l’incuria, l’umidità, il fumo delle candele concorsero a
danneggiare il celebre dipinto. Per questa ragione si dovette spesso
ricorrere ad inerventi di
restauro non sempre metodologicamente corretti. Demolita la chiesa
vecchia, la Pala errò per varie sedi e per la chiesa nuova, finchè fu
collocata nel 1935 nell’attuale cappella che per la sua sobrietà
architettonica conferisce un particolare risalto alla pittura Questa è
l’unica opera sacra di Giorgione destinata a una pubblica funzione.
Sulla parete destra è murata la pietra tombale di Matteo, con la figura
giacente in armi. Un tempo la collocazione era diversa: si trovava,
infatti, ai piedi della Pala e ciò spiega il perchè dello sguardo dei
personaggi rivolto verso lo stesso punto in basso. Usciti dal Duomo,
nella casa che sorge di fianco, per antica tradizione ritenuta di
Giorgione, è visibile il frammento di una fascia decorativa, di
squisitezza bellezza e di alto interesse artistico, che la critica
quasi, unanimamente assegna al grande artista. Sono qui raffigurati
oggetti, strumenti e simboli delle professoni, delle arti figurative
della musica, delle scienze e della lettere, intramezzati da tabelle
sostenute da nastri con incisioni sapienziali che inducono a riflessioni
sulla umana caducità, esaltando la virtù per la quale soltanto
l’uomo può vivere.