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L'OCA
![]() Le oche venivano allevate come i maiali, erano cibo di riserva invernale. I ragazzini le portavano a pascolo nei pomeriggi da giugno a settembre tra i campi e lungo i canali, cercando di non fare danni; alla fine dell'estate venivano ingozzate, nutrite a forza perché accumulassero una buona dose di grasso e ingrossassero il fegato, così apprezzato dai buongustai. Il grasso, circa un terzo del peso dell'animale, veniva utilizzato nell'inverno come condimento. I contadini, dopo aver tirato il collo alle oche con l'aiuto di un bastone, le spennavano da calde per ricuperare la piuma utile, le mettevano nell'acqua bollente per togliervi anche le penne più resistenti, le passavano sulla fiamma e poi le appendevano a testa in giù per far colare il sangue. Il giorno dopo le squartavano e le tagliavano a pezzi. Tolto tutto il grasso, mettevano i pezzi di carne, cosparsi di sale, a macerare in un recipiente coperto per 8-10 giorni a temperatura fresca. Trascorso tale periodo, la carne, pulita del sale e asciugata, era disposta in un "pignato" di terracotta smaltata nel quale veniva colato il grasso messo da parte, sciolto sul fuoco, fino a coprirla. Il recipiente veniva chiuso ermeticamente e la carne si conservava per almeno due mesi. Ottima nelle occasioni di festa, a Treviso si comincia a mangiarla a metà ottobre, in occasione delle millenarie fiere di San Luca e San Ambrogio, cotta arrosto e servita con sedano condito o farcita con un succulento ripieno e cotta al forno, accompagnata magari da una buona "salsa peverada", oppure in umido, con cren e contorno di fagioli ed erbe cotte. Nel mondo antico era molto facile confondere dei e animali e capitava pure che gli animali stessi venissero considerati degli dei e collocati nel paradiso dei pagani, l' Olimpo. Successe così anche all'oca, segno che si trattava davvero di un animale molto importante, da allevare con la massima cura e da tenere sempre in grande considerazione. Già gli antichi Egizi avevano scoperto quanto fosse prezioso questo grande uccello facilmente addomesticabile. Esso viveva allora nella valle del Nilo e le sue carni, dopo una rapida bollitura, erano conservate per mesi immerse nel proprio grasso, come si faceva nelle case coloniche di questa terra fino a pochi decenni fa. E, anche se sempre meno, lo si fa ancora in qualche casa e in qualche trattoria di campagna, dove si vuole offrire ai commensali e ai clienti qualche piatto che arriva da tempi immemorabili. La grande cura che gli antichi avevano per questo animale è più che significativa: esso infatti ha sempre rappresentato una importante fonte alimentare, preziosissima per il popolo più povero, dal momento che l'oca è in grado di provvedere da sola al proprio sostentamento, non costando praticamente nulla. L'oca arrosto è una preparazione gastronomica tradizionale dell'autunno trevigiano che trova la sua massima esaltazione nelle osterie e nelle baracche delle Fiere di San Luca a Sant'Ambrogio di Fiera nel mese di ottobre. Quando gli antichi Egizi vollero scrivere il nome di Geb, Dio della terra, figlio di Shou e di Tfene e gemello di Ur, ricorsero all'oca, animale prezioso per le sue carni, il suo fegato, il suo grasso, le sue piume. L'ideogramma di oca corrisponde infatti a quello del Dio Geb, padre di Iside e Osiride. Molto tempo dopo, lo storico greco Plutarco, parlando del Dio Crono, figlio minore del Cielo e della Terra e condottiero dei Titani suoi fratelli, affermò che costui era per i Greci quello che Geb era per gli Egizi, e infatti Crono, padre di Zeus, era raffigurato sì in forma umana ma con sormontata la figura di un'oca. Come si sa anche i Romani ebbero grande rispetto per questo animale, le oche erano infatti sacre alla Dea Giunone e allevate sul Campidoglio. E' rimasto celebre l'episodio del loro starnazzare notturno che svegliò i soldati romani che poterono così respingere l'improvviso assalto dei Galli comandati da Brenno. L'oca non è solo un animale dalla carne appetitosa, ma rappresenta, come è stato già detto, un simbolo religioso ed esoterico in molte culture antiche. Entra nei detti popolari, nella letteratura, nell'arte, nella storia ed anche nei giochi di società. Familiare, nella nostra infanzia, il "gioco dell'oca"; inventato intorno al 1650 si è diffuso ovunque anche per le innumerevoli copie riprodotte dai Remondini, i famosi stampatori di Bassano del Grappa. Oca arrosto (Oca rosta col saléno): dosi per 6 persone. Tempo occorrente: 40'. Difficoltà: *. Ingredienti: 1 Oca da 3 Kg circa, 80 g di olio d'oliva, 1 rametto di rosmarino, alcune foglie di salvia, 1 carota, 1 cipolla, 1 costa di sedano, 1 bicchiere di vino bianco secco, sale e pepe. Preparazione: porre l'oca ripulita, ben salata all'interno ed opportunamente imbrigliata, in una casseruola. Condirla con l'olio d'oliva, aggiungere il rosmarino e la salvia spezzettati, la carota, la cipolla e il sedano tritati, sale e pepe. Mettere la casseruola nel forno a temperatura media (200°) e fare rosolare l'oca da ogni parte. Aggiungere vino bianco secco, farlo evaporare, poi continuare la cottura a tegame coperto, bagnando l'oca di tanto in tanto con il fondo di cottura. Servirla calda con contorno di sedano in insalata. L'oca arrostita, come indicato sopra, si può farcire di "mele e castagne" secondo la seguente ricetta: "…si riempie l'oca con un impasto composto di 200 g di mele cotte e passate al setaccio, 250 g di polpa di castagne, 1 uovo, qualche fiocco di burro, sale e pepe". (Non è prevista in cottura l'aggiunta di vino bianco). Servirla su un letto di mele cotte al burro e di marroni arrostiti tagliati in quattro. |
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