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TARTUFO NERO dei COLLI BERICI

 

Però, quando si dice tartufo si pensa subito al Piemonte, ad Alba e ai suoi preziosi "tuberi" bianchi, a quelle figure un po’ tenebrose, i tartufai, accompagnati nel loro girovagare dal fedele cane sempre pronto a scovare sottoterra il prezioso bottino, grazie al suo "naturale" tartufo, il naso.
Certo, quello piemontese è rinomatissimo, ma anche in Veneto esistono dei territori che regalano questo fungo dal gusto e dall’aroma particolari: è il caso di Nanto e dei comuni di Arcugnano Longare, Castegnero, Mossano, Barbarano Vicentino, Villaga e Zovencedo, in provincia di Vicenza.

Foto: immagine cane che cerca tartufiIl tartufo ha una storia molto antica. I greci lo chiamavano Hydnon (da cui deriva il termine "idnologia" la scienza che si occupa dei tartufi), mentre in latino era il Tuber, dal verbo tumere (gonfiare). Plinio il Vecchio nel libro della ‘Hystoria Naturale’ parlava del tartufo che "sta fra quelle cose che nascono ma non si possono seminare", mentre Plutarco affermava che il "Tubero" nasceva dall'azione combinata dell'acqua, del calore e dei fulmini.

Tutte teorie più o meno fantastiche che scatenavano lunghe diatribe tra gli studiosi. Il tartufo assunse nel tempo un’aurea di mistero al punto tale che non si sapeva se definirlo una pianta o un animale, oppure il cibo del diavolo e delle streghe. Le cose andavano diversamente in cucina, in cui era apprezzatissimo. Nell’Europa del passato, il tartufo era anche chiamato "aglio del ricco" per il suo leggero sentore agliaceo. E’ noto, poi, che anche Papa Gregorio IV ne faceva ufficialmente largo uso per compensare le energie spese nel fronteggiare i Saraceni.

Storia vera o semplici fantasie popolari, sta di fatto che i tartufi sono sempre stati dei "principi" della tavola.

Sotto il profilo botanico sono funghi ipogei, organismi che vivono sottoterra e fanno parte del genere "Tuber". Non hanno nulla a che fare, però, con patate e simili, mentre sono stretti parenti di porcini e prataioli. Come loro, sono sprovvisti di parti verdi e quindi non sono in grado di ricavare attraverso la fotosintesi clorofilliana le sostanze necessarie al loro sviluppo, che assumono invece dalle radici di alcune piante con cui instaurano un rapporto di simbiosi. Il tartufo riceve dalla pianta gli zuccheri e la pianta, a sua volta, riceve acqua e sali minerali che migliorano notevolmente il suo stato nutrizionale.

Il vero e proprio tartufo si forma nel sottosuolo a una profondità compresa tra la superficie e i 60 centimetri (eccezionalmente il metro) assumendo dimensioni variabili da quelle di un pisello a quello di una grossa arancia.
E’ caratterizzato da un rivestimento esterno (perizio), liscio o verrucoso, e da una polpa interna (gleba), che al taglio appare marmorizzata per la presenza di venature chiaroscure. Le aree fertili, cioè quelle che contengono le spore riproduttive, sono quelle scure, mentre le chiare sono sterili. Giunti a maturità, non potendo diffondere le spore come fanno i funghi di superficie, i tartufi si affidano, in un certo senso, agli animali (insetti, lumache, roditori e cinghiali) che, attratti dallo spiccato aroma, se ne cibano disperdendo poi con le proprie deiezioni le spore nel terreno per l'avvio di un nuovo ciclo.

Nel territorio berico si trovano quattro specie di tartufo nero: Tuber Melanosporum, o "pregiato"; - Aestivum, "d'estate" o "scorzone"; - Brumale, "d'inverno"; - Mesentericum, "ordinario", l'unico di scarsa rilevanza gastronomica. Centro di maggior raccolta è il comune di Nanto che in onore del prezioso tubero organizzata anche una festa la prima metà di luglio.

I raccoglitori autorizzati sono 646 in tutta la provincia di Vicenza, ma il commercio del tartufo in queste zone è un’attività che sfugge ai consueti canoni. Buona parte del raccolto, infatti, va ai ristoratori locali e i punti vendita stabili sono pochissimi.

Grazie a recenti sperimentazioni, tutto il territorio berico può considerare realistica la prospettiva di incrementare la produzione grazie alla tartuficoltura, cioè tartufaie realizzate ex novo secondo criteri di razionalità agronomica o migliorate da potature e diradamenti e incrementate con la messa a dimora di un congruo numero di piante tartufigene. Il vantaggio che se ne ricaverebbe non sarebbe solo in termini di raccolto ma anche di allungamento del calendario, essendo il tartufo nero pregiato più tardivo rispetto allo scorzone, e maggiormente remunerativo.

La storia del tartufo nero dei Colli Berici finisce ovviamente sulla tavola. È opinione diffusa che il più pregiato tra i funghi si abbini a piatti semplici, poveri di condimenti o salse, come una buona pasta fresca fatta in casa o una classica frittata. Un’antica ricetta dei principi Giovanelli di Lonigo (Vi) del 1890 propone il piatto "Tartufo alla Berica", e numerosi sono i testi che citano la tipicità del prodotto: nel 1962 in "Itinerari Gastronomici Vicentini" si parla di particolari e rinomati tartufi di Nanto e dei Colli Berici, e nel ’64 e nel ’66 i tartufi de Nanto vennero citati in due carte gastronomiche del Vicentino.

Di primo acchito li si direbbe tuberi, come le patate, ma per la scienza sono funghi ipogei, vale a dire organismi che hanno scelto di vegetare sotto terra in stretta simbiosi con alberi a foglia caduca e in special modo con le querce. Figli di delicati equilibri, sono chiari indicatori ambientali e abbondano solo là dove il bosco è sano. A orgoglio del vicentino, nei Colli Berici si trovano quattro specie di tarufo nero: Tuber Melanosporum, o "pregiato" - Aestivum, "d'estate" o "scorzone" - Brumale, "d'inverno" - Mesentericum, "ordinario", l'unico di scarsa rilevanza gastronomica. Epicentro della zona di ricerca è Nanto, che in luglio onora questo dono dei Colli con una festa, occasione da non perdere sia apprezzarne alcuni utilizzi gastronomici sia per acquistarlo.

Scorsone è una varietà di tartufo estivo che è impiegato nella gastronomia vicentina principalmente nella preparazione di primi piatti: risotti, lasagne, zuppe ecc. Il tartufo dei Colli Berici è di colore nerastro, ha una forma ovale o tondeggiante con grosse verruche screpolate, l'interno è di colore grigio-marrone con numerose venature biancastre; matura ad inizio aprile e in tardo autunno. Molto usato dai ristoratori locali, si trova in commercio nei migliori negozi ortofrutticoli, nel mercato dei funghi sotto la Basilica palladiana a Vicenza (nei mesi estivi ed autunnali) e negli stand della Pro Loco Nanto nella seconda domenica di luglio.