L'ingresso
dell'abisso Spaurasso", ubicato sulla storica e sacra "Nave del
Grappa", è stato protetto con una robusta grata metallica.
L'area in cui si apre il pozzo d'ingresso della cavità (profondo otto
metri) risulta molto frequentata da escursionisti e visitatori che
imbattendosi nella grotta potrebbero decidere incautamente di
addentrarvisi, andando a compromettere seriamente la loro incolumità!
I primi trecento metri di grotta infatti, presentano passaggi alquanto
tecnici che richiedono una robusta esperienza speleologica.
La scelta di sigillare l'ingresso della cavità è scaturita dunque
esclusivamente dalla prioritaria esigenza di prevenire possibili incidenti!
Non abbiano dunque ad irretirsi ed indignarsi quegli speleologi (speriamo
siano pochi!) che, decidendo autonomamente di visitare l'abisso, si
troveranno la strada sbarrata!
Nessuna volontà protezionistica ha influenzato le nostre decisioni,
nessun slancio egoistico e antisolidaristico è passato per le nostre
menti, anzi !
In fin dei conti, che senso avrebbe scoprire ed esplorare una grande
grotta se non si vuol condividere con altri amici le emozioni che essa sa
offrirti! Nessuno!
Amici del G.S. CAI Lecco, dell'Unione Speleologica Veronese, del Gruppo
Grotte CAI Schio, del Club Speleologico Proteo di Vicenza etc., si sono
aggregati alle nostre spedizioni e noi ne siamo stati compiaciuti!
Compatibilmente con le attività esplorative già programmate dal Geo CAI,
saremo disponibili anche in futuro ad accompagnare amici speleologi di
altri Gruppi, intenzionati a visitare questa stupenda grotta!

Non andateci da soli però
Avvisate il Gruppo Speleo Bassano!
Basta una telefonata!
Se andiamo a vedere l’articolo apparso nel notiziario della Federazione
Speleologica Veneta n. 3 del 1995, si può leggere la storia esplorativa
di questo abisso che già allora era profondo 400 metri e sul cui fondo
avevamo detto c’era ancora da vedere molto e quindi sognare nuove
esplorazioni; non siamo più tornati su questo fondo, ma siamo stati
partecipi di grandi esplorazioni lo stesso ed ora ve ne voglio raccontare
le storia.
Ricordate la grande cengia nel P 170 dove siamo atterrati pensando che
fosse impossibile che la grotta finisse lì visto gli immensi ambienti in
cui ci trovavamo e nella quale c’è anche la partenza del P 100 ?.
Ebbene, quando ci siamo arrivati la prima volta abbiamo notato un buchetto
insignificante ad un metro di distanza dalla corda e ci abbiamo pure
buttato un sasso, senza però andarci vicino con la faccia e sentire
quindi la forte corrente d’aria che ne usciva; ci siamo detti che lo
avremmo visto in futuro perché per il momento avevamo cose ben più
grosse da esplorare, ma ci siamo sbagliati.
Siamo scesi dopo molto tempo solamente per fare un po' d’allenamento e
visto che eravamo lì ci siamo detti "ma si, diamogli
un’occhiata" senza sperare in nulla di buono, ma solamente dopo due
metri abbiamo iniziato ad urlare di gioia vedendo un bel meandro
d’erosione che andava avanti sprofondando sempre più in basso lasciando
intravedere delle grandi marmitte piene d’acqua e facendoci fare qualche
acrobazia in alcuni punti nei quali qualche corda sarebbe stata molto
utile. Ci siamo arrestati alla sommità di un grande pozzo che abbiamo
valutato attorno ai trenta metri, ma non avendo con noi nessuna corda
abbiamo dovuto fermarci li.
Tornando sui nostri passi per raggiungere l’uscita, abbiamo pensato di
non dire niente a nessuno del gruppo per fare una sorpresa il martedì
sera in magazzino e ci siamo riusciti in pieno, tenendo i nostri compagni
con il fiato sospeso perché nessuno credeva che le bottiglie di vino e le
pastine che avevamo portato fossero per il mio compleanno.
La volta successiva siamo scesi con le corde ed abbiamo attrezzato il
meandro (Ololejuuu) con dei corrimano nei punti più pericolosi e quando
è stato il momento di armare il P 34 ci siamo trovati a dover scegliere
tra due punti che davano accesso al pozzo, ma quando il primo ha iniziato
la discesa ci siamo accorti che avevamo scelto il punto più difficili
dove si doveva fare un grande pendolo per poi proseguire la discesa, ma
ormai, visto che eravamo in ballo abbiamo continuato per quella via ed
abbiamo raggiunto il fondo. Qui abbiamo dato il "libera" al
nostro compagno che però non stava molto bene e ci ha gridato che
iniziava a risalire; noi gli abbiamo risposto che davamo solamente
un’occhiata e poi lo avremmo raggiunto. Alla base del P 34, una piccola
sala raccoglie l’acqua del meandro soprastante ed una diaclasi ci porta
in un’altra sala nella quale inizia un meandro con la classica sezione a
buco di serratura scavato in una roccia molto strana perché si sgretola
sotto il nostro peso e ci rende pericolosa la progressione. Stando molto
attenti avanziamo per circa settanta metri senza mai trovare strettoie o
punti difficili e sbuchiamo alla sommità di un pozzone enorme che ci fa
sentire il cuore in gola quando gettiamo il solito sasso per valutarne la
profondità, ma dobbiamo raggiungere il nostro compagno che per il nostro
egoismo sta risalendo da solo con i suoi malanni. Per fortuna si trattava
solamente un mal di testa e siamo riusciti ad uscire con calma senza
grossi problemi.
Questa volta stiamo scendendo portandoci dietro la linea telefonica e
decidiamo di cambiare il punto di partenza del P 34 per renderne più
facile la progressione ed evitare il pendolo, quindi è la volta di
preparare per la discesa il pozzo trovato l’ultima volta. E’ tutta la
settimana che ci chiediamo se la roccia che abbiamo trovato in quella zona
sarà buona per piantarci dei tasselli ed ora che ci siamo iniziamo a
batterla con il martello per sentirne la consistenza ma per fortuna le
nostre paure si sono dimostrate inutili, perché troviamo subito una
placca molto buona proprio alla partenza e dopo aver frazionato sei metri
più sotto per cercare di evitare la piccola cascatella che scende si
inizia la discesa sperando che la corda basti per arrivare in fondo. E’
strano, ma anche quando si è abituati a scendere pozzi su pozzi, per
quanto profondi essi siano, se li conosci non ti fanno nessuna paura, ma
la sensazione che si prova in ogni pozzo nuovo ti fa tornare indietro con
il tempo fino a quando hai fatto la tua prima discesa ed allora cominci a
pensare se il materiale che usiamo normalmente possa sopportare il nostro
peso e ti vedi che stai volando per poi schiantarti al suolo oppure hai
paura che la corda ti scivoli dalle mani soprattutto quando è nuova e
scorre bene nel discensore ed ecco che si diventa delle lumache anche in
discesa, poi arrivi in fondo e non ti ricordi com’è fatto il pozzo e se
ci sono delle finestre o degli arrivi d’acqua.
Siamo alla base del P 60 (Gran Babau) ed iniziamo subito a cercare una
prosecuzione che essendo molto grande ed evidente si fa trovare subito; si
tratta di un P 20 posto proprio sotto ad un enorme monolito che si innalza
nel P 60 per un ventina di metri. Decidiamo di non armare subito, ma di
dare un’occhiata in giro per vedere se c’è dell’altro da esplorare
e subito troviamo un laminatoio con della sabbia per terra che ci fa
strisciare per una ventina di metri per poi concederci il gusto di
avanzare gattoni e poi in piedi. Ad un certo punto, il meandro che nel
frattempo si è trasformato in galleria, va ad incrociare un’altro
meandro che a monte si trasforma ancora in laminatoio con la sabbia per
terra che basterebbe spostare di lato per avanzare e a valle ci siamo
fermati in una piccola strettoia che si potrebbe allargare facilmente
spostando qualche sasso, ma non sapendo quanta strada abbiamo fatto e
nemmeno quanto tempo sia passato da quando ci siamo infilati in questo
meandro decidiamo di tornare indietro perchè i nostri compagni ci stanno
aspettando sopra il P 60. Quando ci uniamo a loro ci fanno notare che li
abbiamo fatti aspettare per più di un’ora ed allora ci chiediamo:
quanta strada abbiamo fatto in quel meandro?; ancora oggi non lo sappiamo
perchè non abbiamo più avuto l’opportunità di tornarci visto quello
che leggerete più avanti.
La partenza del P 20 la lasciamo armare ad un giovane del gruppo finché
riusciamo a tenerlo d’occhio, ma poi dopo lo scivolo iniziale interviene
uno di noi più esperto per fare un frazionamento spostato che ci consente
di andare dritti fino in fondo, dove ci aspettiamo tutti prima di dare
sfogo al nostro istinto di esploratori; l’ultimo non fa in tempo a
toccare terra che come dei cani segugi iniziamo ad ispezionare tutta la
base del pozzo infilandoci a destra e a sinistra e sotto e sopra ma con
scarsi risultati. Finalmente si riesce ad intravedere al di la di un
buchetto arieggiato ma molto stretto, una saletta abbastanza grande e
notando che si trova in direzione dell’unico punto che non abbiamo
ancora guardato perchè è sotto ad un forte stillicidio decidiamo di
bagnarci per dare un’occhiata. Scendiamo in fretta e furia una
spaccatura profonda circa tre metri e ci troviamo nella saletta vista
attraverso il buchetto arieggiato e li sentiamo un forte rumore d’acqua
corrente provenire da una diaclasi profonda quattro metri scesi i quali,
passando sotto ad un piccolo laminatoio andiamo a sbucare nel mezzo di una
galleria sotto la quale vediamo un torrente che scorre tra marmitte e
cascatelle provocando un rumore assordante (Lunga via del Frastuono). La
nostra euforia è alle stella e non sappiamo se andare a monte o a valle,
ma poi la ragione prevale e naturalmente decidiamo di andare verso il
basso. Anche qui ci alterniamo alla testa della comitiva, avanzando
allegramente tra marmitte e piccoli saltini, ma all’improvviso ci
dobbiamo fermare alla sommità di un pozzo cascata profondo una quindicina
di metri che lascia intravedere una grande sala da dove echeggia ancor di
più il rumore dell’acqua che si infrange al suolo. Decidiamo di
attrezzare subito il pozzo per la discesa, e ad un certo punto, tra chi
pianta spit e chi ritorna indietro a recuperare i sacchi lasciati per
scaramanzia, c’è qualcuno che pensa di continuare ad avanzare sulla
volta del meandro che sprofonda nella grande sala, e che non sembra molto
pericoloso da attraversare con le gambe divaricate. Dopo lo sfondamento il
pericolo non esiste più ed anche il rumore dell’acqua è sparito; ci
troviamo in una zona fossile discendente con un saltino che scendiamo
facilmente in libera e dopo un passaggio stretto e bagnato andiamo a
sbucare nella parte opposta della sala dove vediamo i nostri compagni
tutti indaffarati a piantare spit e a fare nodi alle corde. La cosa più
importante che non ho ancora detto è che siamo finiti alla base della
sala, quindi non serve nemmeno mettere la corda, che poi messa dove la si
stava mettendo serviva giusto a fare una doccia fredda. Nella sala vediamo
subito che l’acqua si infila in una stretta spaccatura per poi fare
un’ulteriore salto di quindici metri, ma scendere da quella parte
sarebbe da masochisti, perchè è molto stretto e la doccia sarebbe
assicurata; per fortuna riusciamo a bypassare il tutto attraverso un
comodo meandro laterale che ci fa sbucare in una finestra posta ad una
decina di metri di distanza dalla cascata, dove, dopo aver armato la
partenza con due spit e messo un deviatore cinque metri più sotto,
riusciamo a mettere piede nella nuova sala, che poi non è altro che un
allargamento del meandro che stiamo percorrendo. Più avanti un nuovo
sprofondamento del meandro che attrezziamo con l’unico moschettone
rimastoci per scendere gli ultimi dieci metri di questa meravigliosa
giornata in explor. Il meandro, o forse è più appropriato chiamarla
galleria, continua con una serie di saltini che osiamo superare in libera
anche nei punti in cui gli spruzzi d’acqua vengono assorbiti dalle
nostre tute non più impermeabili e ci fermiamo alla sommità di un nuovo
salto di quindici metri dove, davanti a noi vediamo solo nero e sotto, con
la luce dell’elettrico riusciamo a malapena ad illuminare la sala a -
500.
La settimana che deve trascorrere prima che possiamo ritornare la sotto
sta passando molto lentamente e tra noi continuiamo a telefonarci per fare
mente locale su cosa crediamo di aver intravisto sullo sfondo
dell’ultimo pozzo che ha frenato la nostra esplorazione; c’è chi
crede di aver visto un laghetto, oppure chi ha visto un’enorme galleria
che saliva dalla parte opposta, ma sappiamo bene che i sogni non sono
realtà e quindi ci limitiamo a sperare che in qualche modo la grotta
prosegua, portandoci sempre più profondamente nel mondo dei sogni.
Finalmente è arrivato il momento di tornare in fondo a vedere quello che
per tutta la settimana abbiamo sognato, ma prima ci proponiamo di
attrezzare per bene tutto quello che abbiamo esplorato la settimana
scorsa, in modo di rendere sicura e semplice la nostra progressione e
soprattutto per evitare di rimandare sempre alla prossima volta la
sistemazione degli armi, che altrimenti rimarranno tali per sempre. Nella
sala che la volta scorsa siamo riusciti a bypassare passando per la
strettoia bagnata mettiamo una corda a mo’ di teleferica (sala della
teleferica) per evitare gli spruzzi della cascata e nel pozzo sotto,
quello che parte dalla finestra, cambiamo il deviatore con un
frazionamento perchè sopra la corda andava a sfregare su di un piccolo
spuntone di roccia. Doppiamo l’armo del P 10 successivo ed attrezziamo
pure tutti quei saltini che abbiamo già sceso in libera per poi arrivare
sopra gli ultimi quindici metri di verticale che ancora adesso ci fanno
stare con il fiato sospeso; qui le condizioni sono tali da permetterci di
lavorare tutti assieme uno sotto l’altro senza nessun rischio di caduta
sassi e quindi riusciamo in breve tempo a toccare i -500 tanto sognati
quanto guadagnati. Ci rendiamo subito conto che quello che avevamo
intravisto la settimana scorsa era vero, perchè atterriamo vicino ad un
piccolo laghetto e dalla parte opposta, in alto, parte una galleria molto
grande, che però non andiamo a vedere subito, perchè preferiamo seguire
il corso dell’acqua che si infila in un meandro molto ben eroso e che
dopo una decina di metri si butta in un nuovo salto di circa venti metri.
Finché uno di noi pianta gli spit altri salgono verso la volta del
meandro e scoprono che la grande galleria vista prima non è altro che la
parte fossile del meandro che abbiamo percorso sotto e che quindi la
strada che stiamo facendo e la sola ed unica probabilità di prosecuzione
che ci sia rimasta. Dopo la partenza del pozzo si deve fare un
frazionamento seguito da un deviatore che ci aiutano non poco ad evitare
l’acqua, e sotto ci infiliamo in uno stretto meandro per seguire il
percorso idrico che dopo una quarantina di metri sprofonda in una stretta
spaccatura per noi impraticabile; per fortuna sopra di noi la zona fossile
si concede con un’enorme galleria che percorriamo facendo molta
attenzione a dove mettiamo i piedi a causa di molte lame sottili che
potrebbero cedere sotto il nostro peso. Dopo un centinaio di metri il
soffitto si abbassa all’improvviso per lasciarci solamente uno spiraglio
di mezzo metro da attraversare quasi in ammollo, per poi rialzarsi dopo
tre metri e farci prendere un colpo; davanti a noi la grotta chiude con un
muro di roccia compatta ed impenetrabile. Si, sembrava fosse proprio così
prima che facessimo un paio di passi avanti e trovare il passaggio sulla
nostra sinistra molto ben nascosto da una leggera curvatura della parete.
E’ una porta che da accesso ad una galleria molto ampia e ben
percorribile che noi esploriamo con molta calma per paura che possa
terminare molto presto. Altri cento metri e la galleria inizia a salire
leggermente ed il soffitto si avvicina sempre più a noi costringendoci ad
avanzare chini per alcuni metri fino ad un restringimento al quale diamo
solamente una piccola sbirciata, perchè è dalla base dell’ultimo pozzo
che non vediamo gli altri due della squadra rimasti indietro a rilevare.
Ritornando sui nostri passi per raggiungerli, curva dopo curva ci
accorgiamo di aver fatto veramente molta strada e riusciamo addirittura ad
evitare la parte stretta del meandro che abbiamo percorso all’andata
rimanendo nella zona fossile che, con un piccolo saltino di quattro metri
va a finire alla base dell’ultimo pozzo. Qui troviamo i nostri compagni
e li invitiamo a percorrere la parte nuova che abbiamo appena scoperto,
mentre noi nel frattempo, dopo esserci rifocillati un po’ riprendiamo ad
eseguire il rilievo.
Dopo un’altra settimana insonne ritorniamo sul fondo portando avanti il
rilievo fino al restringimento e notiamo con immensa soddisfazione che
abbiamo percorso duecento metri di galleria dalla base dell’ultimo
pozzo. Qui, come ci eravamo prefissati prima di entrare, smettiamo di
rilevare ed iniziamo la nuova esplorazione oltre il restringimento che non
è poi molto stretto, soprattutto dopo aver tolto un piccolo naso che ci
dava proprio fastidio, e di nuovo percorriamo una grande galleria che
curva dopo curva inizia a sprofondare dando vita ad un meandro di erosione
con la volta freatica che ci rende molto comoda la progressione stando però
molto attenti a non scivolare perché in alcuni punti ci troviamo anche a
quindici metri dal pelo dell’acqua e cadere sarebbe una cosa assai
tragica. Anche questa volta percorriamo all’incirca duecento metri e poi
un piccolo pozzetto semi ostruito dal alcuni massi ci porta in una
saletta, nella quale vediamo l’acqua che si intrufola nella ghiaia e
tutto attorno a noi solamente roccia, tranne in un punto: una diaclasi
larga poco più di un metro ed alta cinque o sei, lascia intravedere sopra
ad essa uno spazio enorme tutto avvolto nel buio totale e dal quale
sentiamo echeggiare il rumore di una cascata. A volte l’entusiasmo
dell’esplorazione fa perdere la ragione, tanto che, senza accorgercene,
ci ritroviamo a risalire la diaclasi senza nessuna sicura e senza pensare
che farsi male a quella profondità avrebbe voluto dire smuovere tutte le
squadre del soccorso speleologico del veneto e di altre regioni vicine. Il
primo ce la fa e subito dopo aver lanciato un grido di gioia mista a paura
inizia ad attrezzare la diaclasi con una corda, per far si che gli altri
possano salire in totale sicurezza. Quando siamo saliti tutti ci troviamo
sopra ad una cengia molto grande sotto la quale un salto di quaranta metri
ci porta in un salone di crolla molto vasto, dove purtroppo non troviamo
nessuna prosecuzione. Solamente una stretta fessura sotto la cascata ci
lascia qualche speranza, ma per il momento non abbiamo nessuna voglia di
infradiciarci la tuta, anche perché sopra il salone, facendo una
traversata aerea, abbiamo molta fiducia di rinfilarci nel meandro che
abbiamo appena lasciato e quindi il salone potrebbe essere un
ringiovanimento della grotta. Staremo a vedere.
Attualmente le esplorazioni sono ferme da molto tempo a causa del maltempo
e dai molti impegni del nostro gruppo, ma appena avremo un po’ di tempo
libero vi assicuriamo che lo Spaurasso riprenderà a stupirci con i suoi
effetti speciali; ne siamo certi.
L'unica cosa che siamo riusciti a fare in questo periodo è stata la messa
in posa di una grata all'ingresso, per evitare che i pastori che lavorano
lassù nel periodo estivo lo possano chiudere per paura che qualche pecora
vi possa cadere dentro, ed anche perché può risultare pericoloso per gli
escursionisti che, vedendo la scala metallica del primo pozzo, incuriositi
vi si possano addentrare con il rischio che si facciano male (e poi chi li
trova più?). Purtroppo qualcuno, (speleologo o recuperante) ha tolto dei
sassi che si trovavano attorno alla grata e si è addentrato nella grotta
lasciandoci il compito di risistemare il tutto.