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STORIA DI ASIAGO

 

L'uomo sull'Altopiano: le selci e i graffiti della Valdassa sono le "fonti mute" che parlano di una preistorica presenza umana sull'Altopiano, di una presenza comunque temporanea. Un afflusso probabilmente stagionale, dovuto alla caccia e al prelievo della selce, abbondante sull'Altopiano, buona per ottenere raschiatoi, lame, grattatoi. La scoperta del villaggio del Bostel di Rotzo (1781, Dal Pozzo) port˜ alla luce le tracce di un popolo stabilitosi, forse per primo, su questi monti: casette interrate ed avanzi di stoviglie, manufatti di ferro e di bronzo, monete d'argento (di conio romano), ossa di animali, ecc. Altri segni di insediamenti precristiani sono stati trovati a Lusiana e ad Enego, con richiami frequenti alla civiltà romana.
La parlata cimbra è attualmente il documento più evocativo delle origini della gente altopianese. Questa "lingua" è simile al tedesco. L'Altopiano, territorio un tempo pressochè impraticabile e selvaggio, è stato certamente luogo di ripiego e di rifugio per frange di tribù e di popoli che negli inquieti secoli post-romani varcarono le Alpi. Immigrazioni tuttavia germaniche e, tra le ultime (subito dopo il Mille) famiglie di coloni bavaresi alla ricerca di terre da disboscare, bonificare e da coltivare. Quassù, al sicuro, hanno riordinato la loro vita e mantenuto nel tempo la lingua e i costumi originari. La parlata cimbra è dunque riferibile ad un dialetto tedesco, o meglio bavarese.

I primi centri a formarsi furono Rotzo ad ovest ed Enego ad est, in corrispondenza cioè dell'avanzare della colonizzazione del territorio dai bordi verso il centro. Sorsero via via gli altri: Gallio, Foza, Roana, Lusiana, Asiago, e divennero ben presto Comuni, "protetti" dapprima dagli Ezzelini, dagli Scaligeri e dai Visconti poi (1400), dai quali ottennero speciali privilegi economici necessari alla sopravvivenza in una zona montana come questa. In tale periodo l'unione fra i Sette Comuni si rafforzò sino al patto della Reggenza (1310) che permise l'autonomia politico- amministrativa ed una propria milizia. L'insegna ideale che la sosteneva e guidava, sembra racchiusa nelle parole: " Dise saint Siben, Alte Komeun, Prudere Liben ": " Questi sono i Sette Antichi Comuni, Fratelli Cari".
Nel 1404, la Federazione dei Sette Comuni si alleò volontariamente alla Repubblica di Venezia, in una fedeltà che durò per 4 secoli (1807). Venezia garantiva le esenzioni e i privilegi indispensabili alla Reggenza e le richiedeva la salvaguardia dei confini settentrionali, importanti strategicamente, impegno che costò ai Comuni in quel tempo saccheggi e devastazioni a più riprese (1487, 1508, 1805) eppure episodi di tenace e vittoriosa difesa.
Nel 1631 la peste, che desolava l'alta Italia, raggiunse anche Asiago, cagionando 1500 morti. Con la rivoluzione francese e Napoleone, Venezia decadde ed anche la Reggenza. Si passò poi sotto l'Impero Austriaco (1815) e vennero cancellati di colpo i benefici fino ad allora goduti, sostituiti di contro da tasse ed imposte che portarono via via l'Altopiano ad un'economia di pura sussistenza. Da qui l'emigrazione verso le regioni più promettenti d'Europa e d'oltre-oceano. Nonostante le difficoltà, apparvero i segni del progresso moderno, con opere pubbliche, i primi alberghi e le banche, nuove vie di comunicazione interne e con la pianura. La Legione Cimbrica, forte di 800 soldati, sorta nel fatidico 1848 e che contribuì a contenere l'avanzata degli austriaci, conferma la partecipazione dell'Altopiano al Risorgimento. Parecchi volontari inoltre presero parte alla II Guerra d'Indipendenza e alla Spedizione dei Mille.

Nel 1866 ci fu l'annessione all'Italia. Ad un maggiore collegamento interno contribuì efficacemente la costruzione del ponte sulla Valdassa (1906) e, con la pianura, la realizzzazione dell'ardita ferrovia a cremagliera (1909). L'emigrazione però continuava, anche se cominciavano nuove attività (estrattive, della distillazione, ecc.).
Un evento cruento e terribile come quello che la storia ci ha tramandato sotto il nome di "Grande Guerra" ha lasciato in terra asiaghese le sue indelebili tracce. Tutto il territorio dell'altopiano e' intriso dei segni di un evento che si e' legato indissolubilmente a questi luoghi e alle sue genti. La guerra (1915-1918) interessò da vicino il territorio della provincia vicentina. Non toccò la città, duramente colpita una trentina d'anni dopo dai bombardamenti del secondo conflitto, ma fu combattuta sull'Altopiano di Asiago, che ne conserva ancora oggi i segni.
Per il territorio asiaghese fu una guerra devastante: gli scontri tra il nostro esercito e quello austro ungarico causarono la morte di migliaia di uomini, che al fronte difesero con la vita la salvezza della patria. Nel 1915 il confine passava per il Pasubio, Velo d'Astico, le Mandrielle, cima della Caldiera e monte Forcellona: le nostre truppe lo attraversarono per assicurarsi posizioni migliori, ma nel 1916 l'offensiva nemica le respinse, costringedole ad arretrare.
La seguente controffensiva restituì il terreno perduto e le posizioni furono sistemate a difesa. Le truppe italiane arrivarono a nord est di Asiago, sul monte Ortigara, una posizione strategica importantissima, poichè permetteva di affacciarsi sulla Valsugana, nelle retrovie austriache.
Il 10 giugno del 1917 migliaia di soldati attaccarono, riuscendo a conquistare gran parte della montagna, fino al Passo dell'Agnella: fu uno scontro terribile, che richiese il sacrificio di moltissime vite umane. Il 25 giugno gli austriaci risposero violentemente all'attacco, approfittando del fatto che le nostre truppe a sud non erano riuscite ad avanzare. L'Ortigara fu da allora tristemente noto come il "Calvario degli Alpini".
Un anno dopo, la VI Armata, rinforzata dalle truppe inglesi e francesi, difese le linee fra l'Astico e il Brenta. Il cinema e la letteratura, a decenni di distanza, ci hanno restituito solo in parte l'atmosfera cruda e drammatica dei sacrifici e delle perdite dei giovani soldati che diedero la loro vita per la patria: decine di migliaia di loro vissero in condizioni disumane, e morirono sui monti e nelle valli dell'Altopiano.

Ad Asiago nel 1934 fu eretto un Sacrario militare per custodire la memoria dei quasi 50.000 caduti di entrambe le parti durante il conflitto: oltre 32.000 di essi sono ignoti. Un piccolo museo che raccoglie le immagini e i documenti del periodo si trova annesso al Sacrario. I luoghi che oggi fanno da sfondo per gite e camminate dei vacanzieri e dei turisti della domenica sono ancora segnati da chilometri di strade militari, rifugi scavati nella roccia e trincee.
La guerra segnò non solo le terre, ma soprattutto le genti dell'Altopiano, che furono costretti a lasciare la propria terra come profughi. Al ritorno iniziò la lenta opera di ricostruzione, ma la povertà era sovrana e molti dovettero ancora emigrare alla ricerca di un lavoro. Nacque allora un'usanza singolare e molto pericolosa, che divenne un vero e proprio modo di guadagnarsi da vivere, in tempi difficili, il mestiere del ìrecuperante.

STORIA DELLA LINEA FERROVIARIA PIOVENE-ROCCHETTE/ASIAGO

Fino alla metà dell'Ottocento, l'Altopiano dei Sette Comuni era collegato alla pianura solamente da una carareccia che scendeva fino a Cogollo del Cengio e da tre strade a gradini: la Calà del Sasso (4444 scalini), la Piovega di Sopra (4480) e la Piovega di Sotto (5680) che consentivano il collegamento con la Valsugana, Enego e Primolano.
Per sopperire alla mancanza di un adeguato collegamento con la pianura che costringeva l'Altopiano ad un isolamento controproducente, soprattutto nel periodo invernale, l'industriale laniero sen. Alessandro Rossi nell'anno 1882 propose un collegamento ferroviario con la pianura incaricando l'ing. Alfonso Crippa a concretizzare l'idea.
Il primo progetto (Arsiero via Pedelasca, Castelletto, Roana, Canove ed arrivo ad Asiago dopo km 32,350) fu accantonato per il percorso troppo lungo e l'alto costo dell'opera.
Alessandro Rossi convocò quindi l'ing. Ferdinando Shacke, esperto di ferrovie di montagna, il quale presentò il progetto della linea Piovene-Rocchette/Asiago, di km 21,190 con tratta a cremagliera lunga km 5,760. L'approvazione dell'opera avvenne il 15/07/1907 e subito dopo iniziarono i lavori.
Il 10/01/1910 la linea venne ufficialmente inaugurata, rompendo così il secolare isolamento dell'altopiano.
Un ruolo fondamentale fu svolto dal trenino durante le due guerre quando permise il trasporto di truppe ed armi ma anche di sfollati.
Nel 1958, venne decretata la chiusura definitiva del servizio ferroviario, a causa degli alti costi di gestione e della concorrenza delle autocorriere "Sita". Successivamente tutta l'opera venne smantellata e le locomotive furono demolite; rimasero in piedi solamente i caselli e le stazioni, ad esclusione di quella di Cesuna che venne abbattuta.
Finiva così dopo 48 anni un'encomiabile servizio di altissimo valore sociale, gestito con perizia e sacrificio da tutto il personale ferroviario.