TRADUCI IN

 

ALTO MEDIOEVO AD ASOLO 

 

Bisogna arrivare al sinodo di Marano del 591 per trovare citato in Paolo Diacono un vescovo Agnellus de Acilo , che rappresenta una testimonianza di rilievo perché ci informa dell'esistenza, almeno nella seconda metà del VI sec d. C., ma si può pensare già da molto prima, come di solito era accaduto per la gran parte dei municipi romani, di una diocesi asolana e di una certa sua importanza, vista la sua partecipazione a un'assise molto delicata, legata com'era alla questione scismatica dei Tre Capitoli. Tale notizia è altresì rilevante in relazione alla scoperta, grazie ai nostri recenti scavi archeologici, dei resti di una chiesetta affrescata e provvista di pavimento in mosaico sulla sommità del Monte Ricco, forse dedicata al Salvatore, la cui prima fase di impianto coincide proprio con la fine del VI secolo. Le ragioni di questa nuova costruzione non ci sono note (si può solo immaginare che siano legate ai grandi cambiamenti e alle preoccupazioni che l'arrivo dei Longobardi aveva inizialmente suscitato), ma è comunque il primo segno, dalla protostoria in poi, di una presenza antropica stabile sulla collina che sarà della Rocca.
Dopo la citazione di Paolo Diacono, nulla più si sa della diocesi di Asolo: vi è solo un'altra registrazione riguardante un Arthemius, che viene detto vescovo Asolensis e nominato tra i partecipanti al sinodo di Mantova dell'827. Sebbene la figura di Artemio abbia contorni non del tutto certi, la notizia riveste comunque un grande interesse perché ribadirebbe la continuità di vita della diocesi almeno fino al primo quarto del IX secolo. Questa invece cessa sicuramente di esistere nel secolo successivo, quando un privilegio di Ottone I, datato 10 agosto 969, sottomette il castrum de Asilo cum ecclesia... Virginis Marie...olim caput episcopatus...et capella...domini Salvatoris... alla giurisdizione del vescovo di Treviso. Ma già da tempo la decadenza di Asolo doveva essere cosa concreta e tangibile, se si deve tener conto di quell'olim del privilegio; decadenza che potrebbe forse essere correlata, in considerazione anche in questo caso di una certa convergenza cronologica, agli avvenimenti dell'ultimo scorcio del IX sec. e alla prima incursione degli Ungari. Si sa in particolare che nell'899 questi riportarono una consistente e inaspettata vittoria sull'esercito del re Berengario non molto distante dal centro asolano, sulle rive del Brenta. E' ben possibile che in un siffatto contesto storico, allorché nella nostra regione rovine reali e metus Ungarorum dovettero in qualche misura sconvolgere antichi equilibri e assetti territoriali, sia intervenuto un progressivo affievolirsi della vitalità di Asolo, culminato nella perdita della sede vescovile. Di qui anche poté venire una sorta di «oscuramento» del borgo stesso, che in molti casi nelle fonti fino a tutto il XIII secolo sembra in secondo piano rispetto alla vicina realtà emergente di Braida, cioè come attesta il nome quella originaria «campagna» che in successione di tempo dimostra di assumere un ruolo di definito nucleo insediato, denominato castrum e provvisto di un'arx o Rocha e di un terratorium, ancora vitale nella prima metà del XIV sec. come «regola» con l'attestazione della presenza di fuochi (computati per la tassazione e quindi forse in qualche modo significativi). Tuttavia Braida, quasi un alter ego di Asolo, è rimasta sempre misteriosa, di incertissima ubicazione: anche per questo ci sembra di grande suggestione quanto è emerso dagli scavi da noi condotti all'interno della Rocca. Qui infatti in concomitanza con il declino asolano e la perdita della diocesi, dovette rapidamente andare in rovina anche la chiesetta sul Monte Ricco, forse la stessa dedicata al Salvatore e ricordata nel documento del 969, ma in seguito si continuò ugualmente a frequentare l'area sommitale per dare sepoltura ai morti, come dimostrano le deposizioni che si sovrappongono alle strutture di fondazione dell'edificio sacro.

In un periodo ancora successivo, come ha dimostrato l'indagine archeologica, sul versante a solatio si insediò un borgo di case, semitagliate nel conglomerato, dotate di focolari e di annessi a destinazione produttiva e artigianale.

Ma perché un borgo lì e quale borgo? Vi è in realtà una singolare coincidenza tra le tracce di abitato, che si collocano per cronologia in una fase immediatamente precedente alla fabbrica della Rocca (dalle cui fondazioni risultano tagliate insieme alle tombe della necropoli), quindi con buona probabilità tra XI e la metà del XII sec., e la prima citazione di Braida, forse da riconoscere in quel locus Bragida, ricordato per una pratica notarile ivi actum feliciter nel dicembre del 1076. Di qui poi segue una serie di documenti dove, come si è detto, è testimoniata una differenziazione sempre ben rilevabile tra castrum Asyli e castrum Braide, sebbene tra i due termini vi sia anche di pari passo un legame di correlazione altrettanto evidente (Rocha Brayda seu de Asilo, de Roca Braide de apud Asylum etc.). Ora credo che non sia soltanto suggestiva l'ipotesi di identificare Braida proprio con i resti di abitato ritrovati in cima al Monte Ricco, colle che avrebbe visto dopo il Mille, sotto l'incalzare degli eventi e delle paure, un progressivo «arroccamento» dell'antico borgo asolano, favorito forse dal ruolo sempre più rilevante che venne ad assumere in sede locale una famiglia come quella dei Tempesta, braccio secolare del vescovo di Treviso. Si potrebbe capire meglio con questa chiave di lettura la distinzione che nel 1017 sembra essere rimarcata dall'espressione villa Asyllo, non multum longe a castro Asyllo de subtus: oltre infatti a una villa, cioè a un borgo, vi sarebbe un castrum (il castellum de Asillo nominato ancora nel 991 in un privilegio di Ottone III?) che essendo definito de subtus (coincidente con il sito del municipio romano?) rinvia forse a un ulteriore castrum, forse appunto quello superius di Braida. Ancora in progresso di tempo, siamo nell'ultimo quarto del XII sec., questo stesso insediamento, o meglio verosimilmente solo una parte di esso, viene sacrificato per la costruzione della torre e del poderoso muro di cinta della Rocca. E' possibile che sia sempre la famiglia dei Tempesta a promuovere questo decisivo intervento, che sancisce la definitiva fisionomia del Monte Ricco come scolta alta ed emblematica di tutto il territorio finitimo, un intervento tuttavia che in origine doveva inserirsi nel quadro più complesso del castrum Braide.

Ne potrebbe essere in qualche modo una spia il primo documento (novembre 1223) che descrive con precisione notarile, in relazione all'atto di acquisto da parte del vescovo di Treviso, il castrum Braide cum domibus donicalibus interpositis in ipso castro, et turris, et castelario, et cum summitate montis ipsius castri....

Documento importante doppiamente: perché, oltre a fornire una sorta di planimetria articolata di Braida e del suo immediato circondario, potrebbe indicare, dato l'acquisto fatto dal vescovo che già controllava il vicino castrum Asyli, una prima fase del processo di riunificazione delle due realtà insediative (Asolo e Braida) dopo la scomparsa di Wercio Tempesta.

L'avvento successivo di Ezzelino III fu ancor più decisivo per questo, come del resto per altri fenomeni rimarcabili segnatamente nel comprensorio pedemontano trevigiano. In effetti la politica del «tiranno», che fu il preferito tra i fideles di Federico II, è da riconoscere assai più lungimirante e «progressiva» di quanto la tradizione storiografica induceva fino a qualche tempo fa a credere: era l'idea dell'imperium che lo affascinava in contrasto con il particolarismo delle famiglie e delle domus . La sua presa di possesso di tutta l'area tra Brenta e Piave va vista quindi anche per il suo significato riaggregante, un'aggregazione che in particolare poté probabilmente persistere in seguito laddove i legami territoriali erano molto forti per tradizione e la separazione era stata solo una parentesi contingente. E' il caso forse di Asolo che man mano recuperò la centralità perduta, come sembrano suggerirci i documenti che citano nel 1251 il castrum Asyli et Rocam Braide e nel 1272 Rocham Braide et de Asylo. Ma saranno soltanto le mura carraresi-veneziane che, collegando tra fine XIV e inizi XV secolo la fortezza sulla sommità del Monte Ricco al borgo sottostante, sanciranno di fatto, anche con una struttura tangibile, la ritrovata e oramai stabile unità urbana dell'antico municipio.