TRADUCI IN

 

EPOCA ROMANA ASOLO 

 

Se con i Veneti, come abbiamo detto, la dialettica territoriale si svolgeva prevalentemente tra Padova (centro logistico meridionale di pianura), Montebelluna (centro logistico intermedio pedemontano), la media valle del Piave (direttrice di transito) e il comprensorio bellunese (aree insediate di montagna), con l'avvento progressivo dei Romani tutti i ruoli vengono a mutare in ragione di uno sfondamento di orizzonte sia a livello di territorio in sé (che si dilata enormemente), sia, di conseguenza, a livello economicocommerciale. Anche nella microstoria dell'Asolano quindi cambia qualcosa, pur all'insegna di una significativa continuità almeno di riferimento. Importante in questo caso è il collegamento PadovaAsolo dato dalla via Aurelia, in particolare se la strada, come è stato affermato, può essere fatta risalire al secondo quarto del I sec. a. C. La stesura di una simile direttrice, in un contesto ancora precoce di romanizzazione, veniva infatti a sancire lo stretto legame che da molto tempo univa la pianura manifatturiera (si ricordino le pesanti e grossolane casacche gausapa patavinoaltinati citate da Plinio Nat. hist., VIII, 193 e da Marziale XIV, 152, 155) e i rilievi collinari fornitori della materia prima, cioè la lana, in diretta relazione con l'allevamento che trovava incentivo, secondo quanto si è detto, negli abbondanti pascoli di quella fascia territoriale.

Ma soprattutto valore assume la scelta di portare il capolinea settentrionale della strada ad Asolo, ovvero al centro del sistema collinare BrentaPiave, dal momento che tale scelta dovette essere fatta in considerazione che da una parte l'area allo sbocco del Brenta non aveva mai preso quota e dall'altra si stava pure spegnendo o comunque attenuando la funzione logistica chiave di Montebelluna presso il corso del Piave. E a ben guardare, quest'asse di percorrenza costituito dall'Aurelia, con la sua probabile prosecuzione verso settentrione, verso il Piave e verso Feltria, sembra rappresentare l'anticipazione, a più di un secolo di distanza, della direttrice che sarà seguita, spostati i capilinea secondo le mutate esigenze dei tempi, dalla grande strada di Claudio, stesa da Altino (cioè dal mare) al passo di Resia e oltre (cioè alle montagne), attraverso i solchi vallivi ancora del Piave, dell'alto corso del Brenta, dell'Adige.
Asolo romana sembra dunque «catturare» il valore e la funzionalità avuta precedentemente da Montebelluna veneta (ma la vita di questo centro prosegue anche in epoca romana e potrebbe trovare una motivazione concreta di tale persistenza, oltre che nella tradizione precedente, se fosse archeologicamente dimostrata, in contrasto con le ipotesi correnti, la validità della linea AltinoTrevisoMontebellunaFenèr per la Claudia Augusta) e viene a costituire di fatto, quindi, un nodo direzionale verso Feltre e Belluno. Citati come oppida da Plinio (Nat. hist., III, 130), questi ultimi si ponevano su due itinerari diversi: Belunum sulla via per il Cadore e il passo di Monte Croce Comelico, Feltria sulla via per lo stesso Belunum e su quella per Tridentum, intesa questa come tratto successivo sia della Claudia, sia della OpitergiumTridentum. Ma quel che è più interessante nel passo pliniano è che gli stessi oppida erano anche afferenti a due distinte realtà etniche: il primo era infatti veneto (come Asolo), mentre il secondo (insieme a Tridentum e Berua) veniva riconosciuto appartenente all'area di influsso retico. Tale precisazione del naturalista latino sembra risalire con tutta evidenza a tempi ben più lontani della seconda metà del I sec. d. C. e potrebbe anche ricollegarsi a quella ricordata duplice sfera di influenza etnicopolitica che poco sopra abbiamo suggerito in relazione alla misteriosa, ma forse determinante pietra di Castelciés.
Asolo dunque, come insediamento romano (municipio ascritto probabilmente alla tribù Claudia), del quale rimangono solo due testimonianze nella letteratura antica, riprende una tradizione remota che individuò sempre, in quella cortina di colline posta tra pianura e montagne e delimitata da due importanti solchi vallivi, una linea di mediazione, non di separazione, tra mondi originariamente diversi, ma che trovavano interessi reciproci e ben praticabili attraverso non difficili vettori di percorrenza. Per i rapporti in particolare con Padova, insieme all' asse preferenziale verso la valle del Piave, dovette giocare un ruolo decisivo la disponibilità dei pascoli e l'attività di transumanza, attività che d'altronde continuò anche in epoche assai vicine a noi attraverso collaudati tratturi e viabilità di collegamento in verticale.
La storia del municipio non dovette in realtà discostarsi molto da quella della decima regio: processo di romanizzazione indolore e soprattutto da tempo annunciato, inserimento e integrazione progressiva dei nuovi venuti in un tessuto sociale e culturale che non era mai stato ostile, utilizzazione delle risorse territoriali come mezzi di espansione oltr'Alpe, esaltazione della qualità logisticostrategica della terra veneta. Non abbiamo del resto, come pure per il periodo protostorico, una grande messe di dati per una ricostruzione storica che possa considerare Asolo in modo più approfondito e dettagliato, se non quanto è emerso da una rigorosa analisi della cartografia archeologica su base numerica e dai risultati di alcuni interventi di scavo sistematico. Da qui si sono evidenziati gli aspetti di una «vita» urbanistica particolarissima, come particolare era la stessa configurazione morfologica dell'antico centro.
Proprio questa morfologia condizionò fortemente l'assetto urbano che fu centripeto, accentrato e policentrico allo stesso tempo. Anzitutto centripeto, perché dorsali e crinali portavano tutti a un punto di incontro, costituito dalle attuali piazze, dove un'insellatura naturale aveva già favorito l'insediamento sin da epoca preromana. Ma lo spazio non dovette essere sufficiente e probabilmente, per quanto possiamo ricavare da taluni indizi sul terreno e da rilevamenti geofisici, si provvide a colmare in parte le testate delle vallecole che lì convergevano (presso il palazzo Beltramini, presso il Duomo) per ampliare le aree usufruibili (e questa conquista della terra diventa una costante nel tempo ad Asolo). Non a caso in questo settore urbano a cui «naturalmente» si convergeva sorse uno degli edifici più importanti della città, le terme, ed ebbe capo un impianto di servizio e di infrastruttura fondamentale come l'acquedotto. Qui inoltre, in un contesto quindi ampiamente favorevole, una tradizione erudita insiste a ubicare il foro, di cui per altro non abbiamo alcun riscontro materiale.


Questa qualità accentrata e centripeta, peculiare di Asolo, veniva ribadita dalle stesse direttrici stradali che raggiungevano il centro quasi a raggiera, venendo «da fuori» (da cui probabilmente derivano il nome di «foresti»). Oltre alla via Aurelia, da sud, sono i tracciati che arrivano da Montebelluna e dai rilievi collinari orientali, nonché quelli verosimilmente nord occidentali e nord orientali dal Muson e dal crinale del Colmarion. Ma alcune di queste linee di comunicazione confermano anche l'altro aspetto, quasi antagonista dell'assetto cittadino: esse infatti collegavano tra loro e poi con il centro i vari poggi periferici insediati, da quello di S. Gottardo, a Collalto, a S. Martino, al poggio infine di villa Freya. Questi sono come terrazzi digitati verso la pianura, articolati tra vallecole che li incidono lateralmente, terrazzi che assumono il valore di piccoli agglomerati a se stanti, sebbene nello stesso tempo unitari. E' così che Asolo assume una consistenza di fatto policentrica, ma con una vocazione unitaria esaltata quasi paradossalmente dalla morfologia del terreno. Ed è sul penultimo poggio da oriente, costeggiato dal tracciato dell'Aurelia, che si insedierà una piazza pubblica (che una suggestione alimentata dai dati archeologici potrebbe pure identificare come piazza forense o, in ogni caso, come un'infrastruttura di servizio); questa era provvista almeno di una porticus duplex verso sud e disposta su un poderoso terrazzamento sostruito da un criptoportico, al quale poi si appoggerà in contropendio la fabbrica del teatro. Opere colossali che condensano in sé tutto il senso degli interventi edilizi asolani, dove tecnica e conquista degli spazi si fondevano in quella che abbiamo definito dialettica interattiva con il territorio. Nella carenza di altri dati, l'esempio dell'area del teatro assume valore emblematico anche per una considerazione di ordine topografico: la posizione era infatti dominante la pianura e scenografica (si può pensare la facciata del teatro quale magniloquente propileo della città) per chi arrivava da Padova; inoltre lo sfondo naturale dato dal cocuzzolo del Monte Ricco poteva ben giustificare lo stesso nome di Acelum, se hanno ragione i linguisti a vedere in esso una radice ak*, che equivale ad «aguzzo», con probabile allusione alla particolare caratteristica orografica del sito.
Da quanto sappiamo, l'organizzazione urbana che siamo venuti rapidamente delineando trova compimento all'interno del I sec. d. C., ma di restauri, ripristini e di altri interventi si ha notizia anche in tempi successivi. Sono tempi tuttavia per i quali mancano pressoché del tutto fonti scritte e materiali riconoscibili per seguire una linea, seppur tenue, di evoluzione della città e della sua «piccola», peculiare storia.