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ALTO MEDIOEVO A MAROSTICA

Dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente (476 d.C.), Marostica seguì le vicende italiane e venete in particolare dei regni romano-barbarici con le dominazioni di Odoacre (476-493) e degli Ostrogoti di Teodorico;
conobbe le desolanti e misere condizioni di vita della guerra greco-gotica (535-553) tra Bizantini e Ostrogoti.
Conclusa la breve parentesi bizantina successiva alla suddetta guerra, l'entroterra veneto ebbe a subire l'invasione longobarda (568) cui fece seguito una dominazione destinata a durare ben più di due secoli e precisamente fino 774.
Di questo periodo, durante il quale Marostica fece parte del ducato longobardo di Vicenza, e per l'esattezza del 753, quando era re Astolfo (749-756), abbiamo un documento che parla del Castello sul Pauso, segno, questo, che, al pari dei Romani, i Longobardi tennero in grande considerazione questo presidio di difesa militare.
In seguito al crollo della potenza longobarda in Italia dovuto ai Franchi di Carlo Magno (774), Marostica venne incorporata nella contea carolingia di Vicenza e rimase sotto tale dominio fino all'887, anno della deposizione di Carlo il Grosso.
Ma il secolo IX si conclude con la possente immagine di Marostica che riattiva le sue fortificazioni, di origine romana, dall'Agù al Pauso di fronte al temibile pericolo degli Ungari.
Il 24 settembre dell'899 Berengario del Friuli, allora re d'Italia, venne disastrosamente sconfitto dagli Ungari sul fiume Brenta tra Nove e Cartigliano.
Il luogo della sconfitta conservò per parecchi secoli il nome di «vadum ungherorum» a perenne memoria di questo cruento evento.
Il secolo X, che la dotta storiografia ha incluso tra i secoli bui dell'alto Medioevo, caratterizzato da decremento demografico e impoverimento economico, è religiosamente importante per Marostica.
Infatti al 917 risale la donazione di Berengario al vescovo di Padova Sibicone, in base alla quale la Pieve di S. Maria, assieme a tutte le altre pievi della zona montana e pedemontana dall'Astico al Brenta, passa alle dipendenze della diocesi padovana.
Del periodo ottoniano, quando buona parte dell'Italia venne saldamente inglobata nel Sacro Romano Impero Germanico, abbiamo un importante documento risalente al 983: si tratta del famoso privilegio del vescovo di Vicenza Rodolfo che attesta l'ampia estensione dei benedettini nel vicentino e la contemporanea presenza religiosa di Padova e Vicenza in territorio marosticense.
In questo privilegio vengono menzionate le chiesette di S. Vito (recentemente - 1987 - ultimata nei lavori di restauro) a sud della città in direzione di Vicenza, e di S. Apollinare, ora scomparsa, a est dell'attuale centro storico, in direzione Marsan-Bassano. S. Vito e S. Apollinare erano centri di due «curtes» (unità agricole) grazie alle quali i benedettini svolgevano la loro preziosa opera di evangelizzazione e di bonifica del territorio.
Da non dimenticare, inoltre, a 2 km dal capoluogo, il monastero benedettino di Valle S. Floriano, anch'esso di antica origine.