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BORSO DEL GRAPPA

 

Borso, annidato ai piedi del Monte Grappa, giace sulla fascia Prealpina che va dal Brenta al Piave, disteso fra il Massiccio calcareo alle sue spalle e le dorsali collinose che si smorzano dolcemente verso la pianura. Gli insediamenti nel territorio di Borso affondano le loro radici in un lontanissimo passato: si ha testimonianza di presenze paleovenete sia a Cassanego sia a Semonzo, mentre a S. Eulalia è conservata la lapide sepolcrale di Caio Massimo (III° secolo D.C.).
Clima mite e proprietà del terreno rendono possibile la coltivazione dei piselli (“i bisi de Borso”), che si distinguono dagli altri non per un carattere genetico, ma per la loro dolcezza mentre la tradizionale lavorazione del legno permette la produzione delle “pipe” che hanno una funzione puramente ornamentale.
Borso è conosciuto a livello internazionale grazie al Volo Libero ( deltaplano e parapendio) che ha contribuito a renderlo centro turistico e meta obbligatoria per tutti gli appassionati di questo sport.

Su disegno di Antonio Gaidon sorge l'edificio di bellissime proporzioni architettoniche in stile classico, costituito da una sola navata, con presbiterio. La Chiesa si erge su quattro colonne di stile corinzio, tra le quali vi sono semplici decorazioni con il simbolo della Santa Martire, titolare della Pieve, nella quale sono conservati: il Martirio di Sant'Eulalia di Andrea Zanoni, i SS. Antonio e Carlo Borromeo, S. Cassiano martirizzato dai suoi discepoli (1803) di Giovanni Martino de Bonis, Cristo ascendente al cielo con ai piedi i SS. Giustina, Giovanni Evangelista e Prosdocimo di Giacomo Apollonio da Bassano. All'interno si trova l'organo costruito da Gaetano Antonio Callido, donato da Mons. Sartori Canova, fratellastro di Antonio Canova, e un paliotto del Bonazza nell'altare maggiore. Di grande interesse all'interno della sacrestia, il Sarcofago di Caio Vettonio Massimo: fu rinvenuto a Sant'Eulalia nelle rovine della Chiesa Vecchia di San Cassiano a pochi passi dell'attuale. Il "Veterano" lo fece costruire quando era ancora in vita affinché gli abitanti del "pago di Misquile" ogni anno festeggiassero la sua memoria con fiori in primavera (Rosales) e primizie della terra in autunno (Vindemiales).
Nelle Vicinanze di Borso. Il borgo di Cassanego: dalla piazza di sant'Eulalia percorrendo la strada panoramica si raggiunge Cassanego, antico Borgo, che compare nel medioevo come paese autonomo. Nelle vicinanze ritrovamenti archeologici risalenti all'epoca Paleoveneta. Nei pressi di Cassanego si può ammirare l'ottocentesco Oratorio di Sant'Andrea

I Piselli di Borso. I piselli coltivati a Borso del Grappa vengono chiamati "Bisi de Borso". Essi si distinguono dagli altri per la loro dolcezza: qualità e pregi vengono esaltati nel raccolto primaverile, è in questo momento che i semi sono teneri e di sapore delicato. Coltivazione con metodo "bio" (rotazione triennale, impiego di letame bovino, sono esclusi concimi chimici e/o pesticidi); semina autunnale o primaverile in pieno campo. Raccolta a sfalcio, selezione dei baccelli in azienda. Il prodotto viene posto in vendita in cassette di cartone ed è contraddistinto dal tipico marchio che ne garantisce la provenienza e va consumato fresco. La tradizione della coltivazione del "biso" a Borso del Grappa è antica e le sue origini si perdono nella storia. Proprietà del terreno e clima mite fanno sì che il legume abbia caratteri peculiari e maturi precocemente. Un tempo veniva portato ai vicini mercati di Bassano, Asolo e Crespano. La definizione "Biso de Borso", protetta da marchio, si applica esclusivamente ai baccelli della varietà della specie "Pisum Sativum L." destinati al consumo allo stato fresco e coltivati nel Comune di Borso del Grappa (TV). Nella prima quindicina di giugno l'Associazione Bisicoltori di Borso organizza una mostra mercato in Piazza a Sant'Eulalia (VI).

 

Le Pipe di Borso. Queste pipe dalle forme un po'insolite, con la canna e il fornello ricchi d'intagli ornamentali, vengono ricavate dai legni di carpino e di marasca che emanano un aroma caratteristico. Oggi, come un tempo lontano, la pipa è rimasta integra nella lavorazione e nei materiali. La presenza austro-ungarica ha lasciato, forse, a Borso qualcosa in più. Infatti, proprio in quel periodo è iniziata l'attività di lavoro del legno, che ha portato un numero consistente di famiglie a dedicarsi alla produzione della pipa. In un primo momento una pipa per il fumo, successivamente, forse per testimoniare gli eventi mondiali, che hanno reso sacro il Grappa, il fornello e la pipa intera hanno assunto anche una funzione ornamentale. E non c'è stato turista illustre del territorio che non abbia portato con sé un così piacevole ricordo, rappresentato dalla Pipa di Borso. Dopo il secondo dopoguerra la lavorazione della pipa, più intensa nella stagione invernale, si estese a circa il 70 % delle famiglie e così anche la sua diffusione si espanse. E. Hemingway e J. Dos Passos durante i giorni trascorsi a Borso, quali militari volontari dagli U.S.A. nel 1917/18, furono colpiti dall'abilità degli intagliatori e dalla fantasia nel creare soggetti tanto singolari e diversi. Gli anziani del paese, ricordano i due uomini colti americani, raccontano che essi si soffermavano ad osservare incuriositi ed affascinati i vecchi, rimasti al loro lavoro abituale, sia pure tra il frastuono della guerra.